di GIORGIO GANDOLA – Primi della classe. Mentre noi guardavamo ammirati il viaggio del furgone dei vaccini e accompagnavamo idealmente con le Frecce tricolori le salvifiche dosi (simboliche) nel nome dell’Europa unita, i tedeschi facevano la spesa. Trenta milioni di dosi (non simboliche) acquistate direttamente da Pfizer e BionTech con accordo bilaterale, e con il gesto dell’ombrello (non simbolico) alla grande fratellanza dell’Europa unita.
È stata la cancelliera Angela Merkel in persona a concludere la trattativa avvalendosi del vantaggio che BionTech è tedesca, il vaccino è stato creato sul suolo germanico e a metterci la firma è stata una coppia di scienziati tedeschi di origini turche, occidentalizzati e fatti studiare nelle università e nelle scuole di specializzazione della Bundesrepublik. Quando serve, ciascuno è sovranista il giusto. Il contesto è importante, il senso di ipocrisia sotto la bandiera con le 12 stellette pure.
Ora una precisazione è doverosa: la signora Merkel ha fatto benissimo, ha mostrato sensibilità per il proprio Paese e ha risolto in partenza il problema delle dosi necessarie. Neppure in tre vite Domenico Arcuri imparerebbe ad allacciarle il busto. Secondo gli accordi di Bruxelles la Germania ha diritto a 55,8 milioni di vaccini Pfizer, ma con 80 milioni di abitanti e con due dosi a testa da somministrare sono pochini. C’è il rischio di dover aspettare la fine del primo giro di consegne, con l’incognita delle autorizzazioni Ema agli altri vaccini, quelli di Astrazeneca e Moderna. Così la kanzlerin ha sorpassato la fila in Bmw e si è inserita al primo posto come un milanese imbruttito al casello di Melegnano. Largo, arriva il quarto Reich.
Scemato il momento di ammirazione misto a invidia che già aveva fatto capolino nel VaccineDay (quello dei tedeschi si era celebrato un giorno prima degli altri), resta lo sconforto per l’ennesima conferma che l’Europa alla quale siamo aggrappati come al seno della mamma è e sarà sempre a trazione tedesca. Con una clausola sempre più evidente: lo è e lo sarà se e quando farà comodo ai tedeschi. Poi dice che uno diventa euroscettico.
L’accordo dei 27 sui vaccini era chiarissimo: si va insieme a comprare per non creare nazionalismi, differenze di prezzo, caos italiani, furbizie levantine. Si costituisce un centro d’acquisto controllato dal parlamento europeo, condiviso dagli Stati membri e lo si incarica di approvvigionare tutti secondo percentuali eque e prestabilite. Questa è la democrazia ispirata dai padri fondatori. “Questo è il senso più profondo dell’Europa solidale e di una comunione di intenti che non può venir meno in un momento così grave”, si era sentito dire. Parole solenni pronunciate da una donna solenne: Angela Merkel. Che quando deve farci un complimento si spende in prima persona e quando deve imporci uno stop manda avanti un olandese o un finlandese. Angela Merkel, l’unica statista su piazza. Che sa governare, toccare le corde dell’unità davanti al pericolo e pure piangere. Poi si asciuga la lacrima, esce dalla porta di servizio e mentre il resto dell’Europa si strugge, va a servirsi da sola al supermarket del cugino dove la conoscono da bambina. Non c’è altro da aggiungere, la faccenda è così imbarazzante che perfino Paolo Gentiloni potrebbe capirla.