MATTONE E’ CHI DICE CHE I CLASSICI SONO MATTONI

di JOHNNY RONCALLI – Il piacere di avere letto i classici. Il piacere di non avere letto i classici. E in mezzo, il piacere di leggerli, i classici.

Qualche giorno fa chiedo udienza e consulenza a Cristiano Gatti per l’acquisto di un classico della letteratura, da me letto, ma colpevolmente assente nella mia biblioteca. Che edizione scelgo? Lui esegue, secco e fulmineo. Il Gatti ha la diagnosi, con tanto di patente, in tema di classici, non è che ci puoi scherzare.

Io però nel frattempo rimugino su questa storia dei classici. Penso al piacere derivato dall’aver letto molti classici, ma, allo stesso tempo, al piacere di non aver letto molti classici. Il piacere di aver letto Delitto e Castigo e il piacere di non aver mai letto Il Conte di Montecristo, il piacere di aver letto Don Chisciotte e il piacere di non aver mai letto Moby Dick, il piacere di aver letto Il Processo e il piacere di non avere mai letto L’Uomo Senza Qualità. Solo esempi personali.

Pare una impresentabile contraddizione, eppure, complici le ore contate, c’è sempre un classico non ancora letto, uno che vorremmo aver letto ma che per qualche ragione è sfuggito, oppure dal quale siamo fuggiti noi, insomma un tira e molla che a tutti gli effetti è un corteggiamento dagli esiti ignoti. Si incontreranno? Si ameranno? Sarà amore eterno? O solo un’avventura intensa ma fugace? O un amore impossibile?

I fanatici sottolineeranno anche la bellezza di rileggerli i classici, verissimo, ma insomma, la prima volta è la prima volta, con il vantaggio di poterla replicare in continuazione con un nuovo classico, e senza precauzione alcuna.

Comunque sia, trattasi di una intrigante sensazione, alla faccia di chi vede il classico come il mattone destinato a portare fatica e rassegnazione – quella di doverlo finire -, e non, come in realtà per lo più accade, piacere e, perché no, divertimento.

In realtà, ciò che è banale e trito è sentir dire e ribadire che il tale o tal altro classico è un mattone. Forse a volte lo è, ma è banale anche chi lo dice, anche perché quasi sempre quel classico non l’ha letto. Un po’ come per La Corazzata Potëmkin nel cinema, l’emblema del mal di stomaco incombente e, nell’immaginario, di rotoli e rotoli di pellicola per ore di tortura. Mattone o meno, chi l’ha davvero visto? E chi sa che dura in realtà la miseria di un’ora e un quarto scarsi?

E a proposito di classici molto citati e poco letti, come posso non parlare di Proust. Nove su dieci di coloro che lo chiamano in causa – anche tra gli accademici, non si creda -, alla fine atterrano sempre lì, la madeleine. Ma come, migliaia di pagine – e che pagine-, e poi ci si ritrova ogni volta con questa cavolo di merendina pucciata nel tè? Ci arriverà anche Il Mulino Bianco prima o poi, garantito. Un po’ svilente però, per il lettore innanzitutto, accademico o no. Hai letto migliaia di pagine per citare la cosa della quale tutti parlano continuamente? Sempre che tu le abbia lette. E sarà un caso che compaia nel primo dei sette volumi di Alla Ricerca del Tempo Perduto?

Fa pensare….fa pensare al Piacere dell’Onestà, come una commedia di Pirandello, intramontabile classico anch’essa, a partire dal titolo: tutti ne parlano, solo pochi lo provano. Un classico.

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