MANDI, BRUNO

Anche Bruno. In silenzio, secondo buone abitudini. Pizzul da Cormons, terra ultima prima della Slovenia, aria di Francesco Giuseppe, il Friuli duro e puro, tenace e poi generoso, di parole rare e fatti mille, come appunto il figlio del macellaio che invece di andare a bottega come voleva il padre si buttò sui libri e prese a pedalare, in bicicletta già dalle elementari e poi ancora lungo tutta la vita e carriera, evitando gli esami della patente e preferendo quelli universitari, dottore in legge e quindi insegnante.

Con quel fisicaccio, avrebbe detto lui, una quercia solidissima, fece il calciatore ma roba seria, vedi alla voce Catania, clamoroso al Cibali, promozione in serie A ma c’era la voglia, oltre al football, di mettere in pratica gli studi, dunque il mestiere, allora affascinante, di cronista sportivo, la Rai, per concorso non per spinta di partito, debutto in coppa Italia, sul neutro di Como, Juventus-Bologna, postazione pronta ma sedia vuota, Bruno e Beppe, nel senso di Viola, gozzovigliano in trattoria per festeggiare l’esordio, Pizzul va al microfono con 15′ di ritardo, lavata di capo e via con la telecronaca.

Seguirono mille racconti tra vittorie e tragedie, l’Heysel su tutto e tutti, ma sempre con il tono del narratore, senza l’enfasi delle contemporanee sciabolate ma con le parole di noi tutti, un nonnulla, cincischia, dotato di buona tecnica individuale, palla in calcio d’angolo.

La storia con la Rai si era conclusa come capita ai fedeli servitori, saluti da repertorio, brevi ringraziamenti ma archivio, così con Ciotti e Ameri, De Zan e Martellini, Provenzali e Paolo Rosi, e altri di quell’epoca bella dimenticata dagli ignoranti al potere.

Ieri, ma proprio ieri, avevo provato a telefonargli, “il numero selezionato è inesistente”. Il numero forse, sì, ma Pizzul è esistito, esiste, sento ancora la sua risata beffarda, dal fondo il ruggito della Tigre, la sua amata signora. Fischio finale. Mandi, Bruno.Pubblicità

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