MANCIO D’ARABIA, ROBA TRISTE

Non è riuscito a mangiare la basbousa. Trattasi del tipico dolce saudita, torta, cocco in polvere, sciroppo e mandorle. Roberto Mancini potrà invece comprare tutti i panettoni d’Italia, con i venticinque milioni di buonuscita si divertirà come uno sceicco.

Finale mortificante e ridicolo per un buon professionista che è scivolato sulla propria ingordigia, come se non fosse già gonfio di gloria e di denari. Ha voluto fare il furbo con l’Inter prima, con il Manchester City dopo (e circolano voci maligne sul suo contratto off shore), con la nazionale azzurra e adesso con quella saudita.

Tutta colpa degli altri? Può darsi, però sorge il dubbio se Mancini Roberto, raffinato calciatore e allenatore di lusso, non fosse per caso limitato dai propri capricci. Ha avuto una vita nella nutella, questa ultima avventura, al di là dei soldi, oltre ad essere stata inutile si rivela controproducente. Presumo che alcuni club nostrani siano già titillati all’idea di averlo in panchina, magari anche un paio di squadre straniere, chessò Spagna, Francia, Belgio, ma il passaporto di Mancini ha un timbro sporco e non certamente per responsabilità o errore dei doganieri, il Mancio, come lo chiamavano i doriani, ha concluso la missione araba con un vaffa poco grillino, rivolto ai tifosi che contestavano il pari con il Bahrain, in conferenza stampa aveva pure replicato ad un cronista con una risposta tipica del suo repertorio “vuoi vedere il mio conto in banca?”.

Bah, roba brutta, da avanspettacolo sguaiato, epilogo non degno di un italiano all’estero, nel paese di Aladino, con la presunzione di insegnare calcio o forse di portare a casa la fresca. Il resto è mancia, anzi Mancio.Pubblicità

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