MAI SCORDARSI DELLA CENERE

di FABIO GATTI – Dopo la baldoria, il pentimento. Dopo il Carnevale, le Ceneri. Mentre ne sparge un pizzico sul capo del fedele, il sacerdote cita il passo della Genesi (3, 19) in cui Dio, dopo aver cacciato Adamo dall’Eden, gli ricorda lapidario la miseria della condizione umana: “Polvere sei e in polvere ritornerai”.

La metafora, che rammenta ad ogni uomo la sua fragilità, la caducità del corpo e la precarietà dell’esistenza, appartiene alla sensibilità ebraica, ma pure alla letteratura greco-latina, dove ricorrono immagini vicine, nel tono e nel concetto, a quella biblica: “Invece della persona diletta, cenere e vana ombra” si legge nell’Elettra di Sofocle; “Ogni uomo, una volta morto, è terra e ombra” recita un frammento di Euripide, e Asclepiade, in un funereo epigramma, ricorda che “Nell’Acheronte giaceremo ossa e polvere”.

Il binomio polvere-ombra si è poi impresso nella memoria dei lettori di Orazio e del suo “polvere e ombra siamo” (pulvis et umbra sumus). Fu però Pindaro, in un testo di rara intensità, a paragonare per primo l’uomo al “sogno di un’ombra”, richiamando inconsapevolmente i versetti del Qohelet sulla vanità delle vanità umane.

È però curioso che da premesse identiche possano derivare conclusioni opposte: la consapevolezza della brevità dell’esistenza e del destino di morte incombente si può esorcizzare con un atteggiamento carnevalesco, quello di chi approfitta del poco tempo a disposizione per bere la vita fino in fondo, godendo dei suoi piaceri prima che sia troppo tardi. Lorenzo il Magnifico esalterà il Carnevale proprio in questi termini: “Quant’è bella giovinezza, che si fugge tuttavia. Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c’è certezza”.

Ma lo stesso sentimento di precarietà e di fine incombente può indurre all’atteggiamento opposto, quello delle Ceneri: il Memento mori, accompagnato da un allestimento liturgico quanto mai scarno, ammonisce l’uomo a coltivare l’umiltà e il pentimento, abbandonando smanie di onnipotenza e approfittando del breve pellegrinaggio terreno per guadagnarsi la salvezza eterna.

Al di là della prospettiva religiosa, anche questo approccio alla vita non è sconosciuto al sentire pagano: il “Polvere sei e in polvere ritornerai” giudaico equivale in fondo al motto di Delfi “Conosci te stesso”, cioè sii consapevole dei tuoi limiti, da cui deriva l’altra grande massima del pensiero greco, “Niente di troppo”, che è un invito a evitare gli eccessi, a non abbattersi nelle sciagure e a non esaltarsi nei successi, perché il dio, nella sua insondabile volontà, può sempre intervenire a capovolgere la situazione.

Qual è allora il modo di vivere più saggio? La risposta migliore si trova in definitiva sul calendario: nella vita dev’esserci spazio per il carnevale, così come per le ceneri. Inevitabilmente, si torna ai versi del Qohelet: “C’è un tempo per ridere e un tempo per piangere”. E non c’è verso di forzare questa legge.

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