MAGISTRATURA, PRATICAMENTE UN CONCORSO IPPICO (PER ASINI)

I numeri, cominciamo dai numeri e forse finiamo anche con i numeri. In Italia servirebbero 1.300 giudici, anche abbastanza in fretta se possibile, ma conviene non farsi illusioni.

Nell’ultimo concorso per magistrati ordinari, prima prova scritta, si sono presentati in 3.797 e solo 220 hanno avuto l’idoneità per sostenere gli orali: considerato che i posti disponibili erano 310 e immaginando che gli orali qualche vittima possano farla, per colmare i posti vacanti serviranno almeno altri sei o sette concorsi. Se siamo fortunati.

Pare che gli elaborati dei candidati siano lacunosi non solo nei contenuti, ma spesso e volentieri nella semplice forma, per cui sì, poca dimestichezza con le questioni giuridiche, ma anche poca, pochissima dimestichezza con grammatica e sintassi, di fatto un vero rovescio su tutti i fronti, altro che diritto.

Luca Poniz, componente della commissione del concorso, è desolato: “Grande povertà argomentativa e povertà linguistica, molto spesso temi che ricalcano schemi pre-confezionati, senza una grande capacità di ragionamento, una scarsa originalità, poca conseguenzialità e in alcuni casi errori marchiani di concetto, di diritto, di grammatica. Trovare candidati del concorso in magistratura che non sanno andare a capo è un problema molto serio, io l’ho imparato in terza elementare”.

Mancheranno le scuole di specializzazione, ci viene detto, con la riforma del CSM, ma già ora non sembra efficace la trafila e del resto la categoria sembra per costituzione avversa agli sbarramenti di merito: tra le possibili novità della riforma, molti magistrati contestano l’idea di poter subire valutazioni secondo parametri diversi da quelli attuali. Parametri che al momento promuovono il 99 per cento dei giudici, percentuale inferiore, questo va riconosciuto, almeno alle liste di merito e alle gratifiche corrisposte ai dirigenti di enti statali e partecipate varie, dove il cento per cento regna sovrano, indipendentemente dai meriti.

Dico, il 99 per cento, ma è verosimile e credibile una simile percentuale?

Tornando ai nostri candidati, quelli idonei e quelli riformati, e al loro concorso, va detto che vien da pensare a un concorso di colpa in realtà. Sorge il sospetto che queste selezioni siano ormai superate, completamente fuori dal tempo: già l’dea di valutare se qualcuno sia competente o meno, se sussista un’attitudine alla professione oppure no, già questo suona dissonante, penso all’idoneità all’insegnamento ad esempio, ma poi pretendere che vi sia padronanza di analisi grammaticale, lessico, ortografia, retorica, che idea strampalata sarebbe?

La desolazione di Luca Poniz, che oltre tutto, bontà sua, sottolinea che non si è voluta usare la mano pesante, è la medesima di qualsiasi concorso o di qualsiasi esame in questi tempi liquidi e sgrammaticati. Quindi, se proprio non è possibile la consolazione del mal comune, toccherebbe rassegnarsi a verifiche più scialle (anzi, lo metterei proprio nell’intestazione, verifica scialla), verifiche punto qualcosa, magari il quadratino con la crocetta e mettere una pietra sopra l’elaborato una volta per tutte. Quanto meno per risparmiarsi sangue amaro e invettive ogni volta.

Poi, ogni ambito ha le sue formule e la giurisprudenza non fa eccezione, la legge è legge ed è, o dovrebbe essere, uguale per tutti. Anche se, mai come in questo caso, calza a pennello una formula trasversale e buona per tutte le materie: scemo chi legge.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *