MAESTRO ALLA SCUOLA MATERNA

 

di MARIO SCHIANI – Si chiama, o si fa chiamare, “Freaky Hoody” e di sé dice di essere un tipo che “non ama le cose fatte a metà”. Per capire che non scherza basta guardarlo in faccia. In verità, basta guardarlo ovunque: il corpo di “Freaky Hoody” è interamente coperto di tatuaggi. “Interamente” non è un avverbio piazzato con leggerezza: la tappezzeria biologica del nostro nuovo amico comprende, come egli stesso informa, “gengive e interno delle labbra, genitali, palmi delle mani e dei piedi”. La scienza ancora arranca nel fornirci un sistema sicuro per applicare tatuaggi agli organi interni, altrimenti “Freaky” sarebbe in prima fila per farsi decorare la cistifellea e il pancreas. In ogni caso, l’assortimento di inchiostro sottopelle finora accumulato gli basta per assicurargli il titolo di “uomo più tatuato di Francia”.

Naturalmente “Freaky” è anche un individuo libero e le sue scelte in fatto di arredamento dell’epidermide sono più che legittime. Il problema è che di mestiere fa il maestro, anche nelle scuole materne, e secondo alcuni genitori il suo aspetto “spaventa i bambini”. Per questa ragione ne hanno chiesto, e ottenuto, la rimozione dall’incarico. Il Provveditorato, per la verità, non aveva riscontrato nessuna anomalia nei suoi metodi di insegnamento: il problema riguarda solo e soltanto l’aspetto esteriore. Una questione “di pelle”, verrebbe da dire. Sta di fatto che il nostro non insegna più alle materne: ora gli sono affidate solo classi delle elementari e delle medie nelle quali, come si sa, i bambini sono più scafati dei marinai nel porto di Singapore e i maestri tatuati se li fumano dopo colazione.

“Freaky” non ha accettato il verdetto. Secondo lui i bambini non si spaventavano affatto. Anzi, proprio il suo aspetto singolare “insegna ai bambini che cosa sia la diversità”. Per la verità, è un insegnamento che sarebbe utile anche a noi. Spesso, infatti, sentiamo parlare di “diversità” e questo termine ha raggiunto una sorta di intoccabile status linguistico. Accanto a termini come “libertà” e “giustizia” fa bella mostra di sé nella vetrina dei cosiddetti “valori non negoziabili”: una posizione di prestigio a causa della quale è oggi difficile stabilire che cosa sia di preciso la “diversità”.

Il valore della “diversità” nasce in reazione a certo conformismo per troppo tempo imposto alla società e pagato con gravi sofferenze da chi, per disposizione psicologica e inclinazione sessuale, a tale conformità non solo non voleva ma neanche poteva aderire. Rotto quel sigillo, la “diversità” ha preso mille direzioni diverse, compresa quella seguita da “Freaky Hoody”, il quale oggi vorrebbe, giustamente, dal suo punto di vista, saldarla con una posizione sociale perfettamente rispettabile come quella del maestro di scuola. Una “diversità” normale, per così dire.

Si potrebbe osservare come sia il maestro stesso a dichiararsi “strano”: “Freaky” viene dal termine inglese “freak”, che sta per “bizzarro” ma anche, applicato agli esseri umani, “abnorme” o “mostruoso”. Chi ha visto il film di Tod Browning “Freaks” (1932) sa di cosa parliamo perché è impossibile che abbia dimenticato quelle immagini. “Freak” negli anni ’70 partorì anche il termine “fricchettone”, a indicare coloro che si ponevano al di fuori dei riti e dei limiti della società borghese. “Freaks” per estensione sono stati tutti quegli artisti e uomini di spirito che con gesti e opere si sono impegnati negli anni a “épater le bourgeois”, ovvero a “sbalordire il borghese”. La normalità di “Freaky” non può prescindere dunque dalla meraviglia, dallo sbalordimento del prossimo: è una missione scolpita nel suo nome. Di conseguenza, è forse legittimo chiedersi se i bambini delle materne siano i soggetti più opportuni da “épater” o se magari è il caso di aspettare che diventino almeno veramente “bourgeois” prima di sbalordirli.

Il tatuaggio è oggi uno dei mezzi più diffusi per affermare la propria individualità e non c’è dubbio che di strada ne abbia fatta tanta. Pensiamo solo che, per quanti sono nati per esempio negli anni Sessanta, presentarsi da adolescenti al cospetto dei genitori con la più piccola delle inchiostrature sulla pelle avrebbe innescato svenimenti a catena. I tatuaggi erano il marchio del galeotto come oggi – è lo stesso “Freaky” a dircelo – sono il segno dell’individuo “cool”. In essi rimane però, anche solo in dose omeopatica, un po’ di veleno ribelle, di quell’effetto stupore che li contrappone alla “regola” e li distingue per singolarità e unicità. I bambini delle materne potrebbero senz’altro abituarsi in fretta alla presenza di “Freaky”, ma non potrebbero mai afferrare i codici culturali rappresentati nei tatuaggi sulla sua pelle. Accetterebbero senza capire, il che, come insegnamento, sembrerebbe riuscito soltanto a metà.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *