MA SI’, METTIAMOCI LA FERRAGNI ALLA QUIRINALA

Stanno prendendo la rincorsa da mesi, se dio vuole ormai ci siamo: il 24 gennaio, ore 15, i parlamentari si riuniranno per scegliere il nuovo presidente. Tutti quanti, anche alla periferia dell’impero, hanno orecchiato la litania dei nomi che vengono fatti, con le migliori intenzioni e anche con le peggiori, in questo caso per segare le gambe al cavallo prima ancora di cominciare a correre.

Stiamo pronti: nelle prossime tre settimane ci sarà il crescendo di giochini e di intrighi. Ma a quanto pare stavolta una certezza, almeno una, c’è: come è di moda dire, “i tempi sono maturi per un presidente donna”, che da qui in poi chiameremo presidenta, e già che ci siamo donnizziamo pure il Quirinale in Quirinala, così da avere tutte le carte in regola per partecipare alla discussione nazionale.

Tutti ne parlano e ne scrivono, perchè quando il capobranco lancia il segnale, il branco subito si accoda e si adegua, hai visto mai che uscire una volta diventi scomodo e pericoloso.

Abbiamo già pronto anche il regolare “manifesto”, sottoscritto a ciglio umido e unghie sguainate dal fior fiore del pianeta donna, tra le altre Dacia Maraini, Edith Bruck, Liliana Cavani, Michela Murgia, Luciana Littizzetto, Silvia Avallone, Melania Mazzucco, Lia Levi, Andrée Ruth Shammah, Mirella Serri, Stefania Auci, Sabina Guzzanti, Mariolina Coppola, Serena Dandini, Fiorella Mannoia, e se a qualcuno sembra la solita compagnia di giro vada a dirlo a Natalia Aspesi, da parte sua già adeguatamente dissociata, con una punta di disgusto.

E comunque. Che cosa significhi “i tempi sono maturi” io non l’ho ben chiaro. A me i tempi sembrano sempre acerbi per tutto, soprattutto questi tempi. Ma se faccio uno sforzo per comprendere il senso, cioè a dire che queste elezioni dovrebbero farsi carico di leggere i tempi attuali, allora a me pare naturale andare anche oltre: non solo questi nostri tempi sono maturi per una donna alla Quirinala, ma addirittura dovrebbero essere maturissimi per un particolare tipo di donna, non una donna qualunque, diciamo la donna capace di interpretare al massimo grado i modelli, le tendenze, la cultura del momento storico. Uscendo dalla palude delle chiacchiere: oggi come oggi, la migliore interprete del ruolo è la Ferragni, non c’è gara. Per seguito sociale, per carica iconica, per valori espressi ha completamente seppellito i nomi buoni fino a pochi anni fa, tipo la D’Urso e la De Filippi, capaci in quei tempi meno maturi di insegnare agli uomini come si fa la televisione adeguata ai tempi. La Ferragni incarna in tutto e per tutto la donna che vince e stravince, con il colpo di tacco (12) di ridurre persino il maschio di casa a dipingersi le unghie e a mettersi la gonna.

Personalmente confesso di essere fuori registro e anche fuori dai tempi maturi, perchè io mi esalterei vedendo alla Quirinala una donna come Maria Montessori, che alla fine dell’Ottocento riusciva a entrare nell’università di medicina quando la medicina era proibita alle donne, oppure come la Montalcini, oppure per restare contemporanei alla stessa Segre. Uso i nomi per essere chiaro, per spiegare meglio quale genere di donna voterei subito, dimenticando all’istante come è fatta sotto la gonna, incantato solamente dalla grandezza dell’essere umano. Proprio lo stesso atteggiamento che mi porta a deprimermi davanti ai nomi che fanno adesso, dalla Casellati alla Cartabia, e allora perchè no Orietta Berti, che alla bella età di 78 anni è tornata di moda e canta ancora TipiTipiTì alla grandissima.

In ogni caso, auguri Italia. Che detto per inciso è femmina, al diavolo il Portogallo che ancora non si decide a diventare Portagalla. Persino davanti all’elezione del presidente della Repubblica (che in quanto Repubblica è pure lei femmina), riusciamo a esprimere il solito spettacolo sguaiato di mediocrità e di penoso conformismo. Con un dettaglio odioso: se donna sarà, comunque sarà per gentile concessione dell’uomo, il che se io fossi donna mi farebbe andare in bestia all’istante.

Verrebbe da concludere che a questo Paese non serve un presidente uomo o un presidente donna, ma un presidente bravo. E tuttavia, nel Paese del conformismo e della banalità, questa è l’unica banalità che nessuno avrà il coraggio di perseguire a qualunque costo. I tempi sono maturi: se non sarà la Ferragni, che comunque sia femmina. Alla peggio, dopo quattro votazioni si può pensare a un gay, però di colore.

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