E’ tutto chiaro ma non si capisce nulla. La serie A vorrebbe giocare ma non tutta la serie A. Quelli destinati a retrocedere sognano il colpo della vita, torneo sospeso, ricchi premi e cotillons, nessuno va in B. Quelli che sperano nel finale clamoroso, tipo Lotito Lazio, non mollano l’osso e sfidano le leggi naturali.
Poi ci sono le due scimmiette, una non sente, l’altra non parla, Inter e Juventus, mentre ci sarebbe la terza, quella che non vede, tipo Cairo e il Torino ma è distratta in altre faccende più serie e urgenti.
Il calcio è nel pallone, una immagine scontata di bassissimo livello ma così stanno le cose. Normalmente si dovrebbe imitare Francia, Belgio, Olanda e Scozia che hanno spento le insegne e si sono dedicate ad altro, in attesa della prossima stagione agonistica. Carte bollate e affinità varie sono annunciate anche in quelle terre ma è roba piccola rispetto al cafouillage che già si percepisce dalle nostre parti.
Ma le casse dei club traballano eppoi c’è di mezzo la depressione del popolo bue, bisogna pur dare qualche brioche perché il pane è finito, il football dunque restituirà pace e serenità nelle famiglie.
Normalmente, ripeto apposta l’avverbio, visto l’andazzo sarebbe invece opportuno fare così: fermarsi, non assegnare lo scudetto e spedire all’Uefa il listino delle squadre iscritte ai prossimi tornei continentali, mentre, per la cosiddetta lotta per non retrocedere, dovrei dire si salvi chi può.
Ma è tutta polvere, non c’è nulla di definito e definitivo, troppi interessi, troppe marchette e troppi marchettari, nessun rispetto della salute, il calendario della ripresa, prevede, come prima partita, Atalanta-Lazio, un bel viaggio a Bergamo, città allegra, libera da pianti e rimpianti, pronta a fare festa per l’arrivo di Lotito e della sua orchestra.
Idem per altri siti, mentre gli ospedali sono ancora ai limiti della capienza e la ventilazione irrilevante, avrebbe detto il grandissimo Sandro Ciotti. Totale: nessuno sa quello che potrà accadere ma tutti ne parlano, tutti ne scrivono, mentre i calciatori se ne stanno nei rispettivi domicili, non proprio mono o bilocali, con il salario garantito e la folla che urla sotto le finestre: “Non restate a casa”. Un bell’applauso. Si replica. Vairus permettendo.