MA L’ITALIA E’ BORGO EGNAZIA O SAN LUCA?

Si denuncia spesso, con una ben nota figura retorica, la “distanza” che separa la politica dal Paese reale. Una distanza che per allusione si vuole cospicua, addirittura incolmabile. Nessuno però si è mai preso la briga di misurarla, questa distanza, in termini concreti, ovvero in chilometri.

Per fortuna, oggi, una serie di fortuite circostanze ci consentono di colmare, se non la distanza suddetta, almeno la lacuna. Ebbene, la distanza che separa la politica dal Paese reale è di circa 450 chilometri. Tanti occorre percorrerne, infatti, per recarsi da Borgo Egnazia, il resort a 5 stelle in provincia di Brindisi dove si è tenuto il G7 più balneare e briatore di sempre, a San Luca, secondo le mappe ufficiali un piccolo Comune in provincia di Reggio Calabria, in realtà centro inviolabile del reame di ‘ndrangheta, noto alle cronache per essere un crocevia del narcotraffico internazionale.

Se la premier Meloni, al termine del vertice, ha voluto e potuto chiedere che l’Unione europea riconosca all’Italia “il ruolo che le spetta”, sottendendo che si tratta di un ruolo da protagonista, per correttezza ci preme precisare che esso non può riguardare, neppure in minima parte, il paese di San Luca, che in Italia di fatto non è, e di conseguenza neppure in Europa. Tanto è vero che non ha neppure un sindaco: alle ultime amministrative, nessuno se l’è sentita di tentare la conquista della fascia tricolore, ben sapendo che tale orpello laggiù non vale il prezzo della stoffa con cui è intessuto.

Per la verità fino al maggio scorso un sindaco San Luca ce l’aveva, Bruno Bartolo, che però giunto a scadenza di mandato si è rifiutato di rinnovare la candidatura. “Nessuna pressione da parte della ‘ndrangheta” ha detto, “ma le istituzioni ci hanno abbandonato”. Cinque anni fa, ha spiegato, il rappresentante del governo nella zona, ovvero il prefetto di Reggio, aveva incoraggiato le candidature assicurando che lo Stato avrebbe garantito sempre il suo sostegno. “Così non è stato” ha concluso Bartolo.

Le assicurazioni del prefetto, a quanto sembra, intendevano rimediare a una situazione imbarazzante perché, prima dell’elezione di Bartolo nel 2019, il Comune aveva tirato avanti per sei anni in regime di commissariamento, dopo che il Consiglio comunale era stato sciolto nel 2013 per infiltrazioni mafiose.

Da parte sua lo Stato ha replicato alle parole dell’ex sindaco con la visita a San Luca dell’on. Chiara Colosimo, presidente della Commissione antimafia, la quale ha citato un’informativa del Carabinieri sull’attività del Comune amministrato da Bartolo: “E’ emersa un’inerzia totale in tutti i fatti salienti e importanti dell’amministrazione pubblica, dalla rete fognaria a quella idrica, arrivando all’illuminazione… Io non posso credere che nessuno si sia accorto di niente o che questo andasse bene. Per cui, sicuramente, c’è bisogno di sviluppare il cosiddetto senso civile.”

A chi parla di “abbandono”, insomma, lo Stato rinfaccia “inerzia” e mancanza di “senso civile”. Al punto da arrivare a proporre in qualche modo la candidatura dell’Antimafia stessa all’amministrazione del Comune. E’ l’idea del senatore Walter Verini, membro della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno delle mafie: “Se qui non si riesce ad avere un sindaco perché nessuno si candida, allora dobbiamo impegnarci noi perché succeda. Non è tollerabile che ci sia un pezzo d’Italia tagliata fuori dal processo democratico”.

Non è tollerabile, vero. Ma l’esclusione dal “processo democratico” è forse l’ultima conseguenza, brutale, del dialogo interrotto, o forse addirittura impossibile, tra due componenti del Paese che, in difficoltà a comprendersi fin dagli albori della nazione, hanno finito ognuna per ripetere sempre le stesse cose: doglianze e recriminazioni da una parte, promesse e minacce dall’altra.

Non solo 450 chilometri: anche 163 anni di silenzio e di incomprensioni separano dunque la politica dal Paese reale, o almeno da un piccolo Comune che forse non solo per paura, inerzia e scarsità di senso civile ha finito sempre per assoggettarsi alla ‘ndrangheta. Lo ha fatto probabilmente anche per mancanza di alternative.Pubblicità

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