MA E’ “AUTOSTRADE PER L’ITALIA” O CONTRO?

 

di GHERARDO MAGRI – La saga di “Autostrade per l’Italia” dunque continua, anche se in realtà siamo solo all’inizio. La procura di Genova mette agli arresti domiciliari l’ex-amministratore delegato Castellucci insieme a due top manager, e impone l’interdizione per altri tre. Le accuse sono di attentato alla sicurezza dei trasporti e di frode in pubbliche forniture. Ci saremmo aspettati provvedimenti per il crollo del ponte Morandi. No, quello verrà più avanti, nel caso.

Qui si parla delle barriere fonoassorbenti posate ai lati delle corsie. Un business molto promettente, visto gli ingenti investimenti previsti per i 3.000 chilometri gestiti dalla società. Nel frangente in questione, si parla solo di 60 km in provincia di Genova, ma la gravità del fatto rimane tutta. Le resine per i pannelli utilizzati non erano nemmeno marcate CE e i commenti ascoltati nelle (benedette) intercettazione di uno degli indagati sono del tipo “erano incollate col Vinavil” e alcune si erano già “sbragate”, “solo Rapallo ha rotto il c…”, ”gliele abbiamo tirate su e ci siamo inventati il criterio della manutenzione”, conclude ridendo.

Il fatto è che a quanto pare “Autostrade per l’Italia” sapeva di questi difetti, che hanno provocato reali distacchi in presenza di forte vento, ma non si è mai data da fare per riparare l’errore. Ancor più grave è averci messo una pezza con accorgimenti farraginosi e supereconomici, invece che risolvere il problema nel modo migliore.

Insomma, siamo di fronte a una collezione di brutte figure che sembra non avere fine. Ripercorrendo tutti i tragici fatti accaduti e i comportamenti di grandi azionisti e manager di “Autostrade”, affiora sempre di più l’enorme superficialità nella gestione. Il giochino dello scaricabarile sul rispetto dei contratti, sugli impegni presi in buona fede e sulla interpretazione cavillosa di singole clausole, ha mostrato tutti i suoi limiti. Il re è nudo, ormai, e non c’è più spazio per le parole. Per fortuna, dico io.

Nella aziende, quando ci si trova in queste situazioni, ci sono solo due casi (bianco e nero): il vertice è connivente, oppure non sapeva niente di quello che stava succedendo. In entrambe le alternative, è comunque pienamente responsabile. Si tratta solo di scegliere quale cosa sia peggio. Non ci sono sconti, ed è giusto che sia così. Parliamo di professioni molto ben retribuite, super protette quasi sempre da polizze blindate, ricche di benefit e privilegi. Tirarsi indietro davanti a doveri e responsabilità non fa parte del pacchetto.

In quest’ultima vicenda, come sovrapprezzo arriva la piccata risposta dei legali di Castellucci, che dichiarano “stupore e preoccupazione per un provvedimento che non si giustifica in sé e che non si vorrebbe veder finire a condizionare una vicenda, quella del crollo del Ponte Morandi, che con quella odierna non ha nulla a che vedere”.

Si sentono già stridere le unghie sul vetro, a occhio e croce è come dire che non dobbiamo confondere una marachella con un fatto grave. Non ci rimane che aspettare la prossime puntate. Turandoci il naso.

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UN’INTERCETTAZIONE CHIAVE: 

Il 2 febbraio del 2020 un professore della Bocconi, Giorgio Brunetti, dialoga al telefono con Gianni Mion, da sempre il manager di riferimento della famiglia Benetton, quello che amministra Edizione Holding, la cassaforte del gruppo a cui fa capo il controllo di “Atlantia” e dunque quello di “Autostrade per l’Italia” (Aspi). I due si conoscono benissimo, hanno pubblicato insieme un libro. Sono abbastanza in confidenza per dirsi cose che in pubblico non direbbero mai.

Il periodo è molto difficile, il negoziato interminabile con il governo dopo la caduta del ponte Morandi nell’estate del 2018 sta peggiorando. Anche se la revoca della concessione pare esclusa, si studiano altre soluzioni. Molto dipende dalla redditività futura di “Autostrade” e dunque il prezzo al quale i Benetton possono vendere la loro quota di controllo (88 per cento).

La telefonata è intercettata e contenuta nell’inchiesta della procura di Genova che ha portato ai domiciliari di Castellucci per i pannelli fonoassorbenti, ma risulta illuminante sull’intera storia di “Autostrade”.

Ecco il testo, nella sua parte più inquietante:

Mion: ti ricordi poi, Castellucci… allora diceva “facciamo noi!” e Gilberto (Benetton, l’esponente della famiglia che si è sempre occupato di “Autostrade”, ndr) eccitato perché lui guadagnava e suo fratello di più… (il fratello è Luciano, ndr)

Brunetti: ma veramente, allora tu eri consapevole mi ricordo fin dall’inizio…

Mion: (incomprensibile)

Brunetti: quando hanno acquistato quella roba, era una roba che loro non potevano neanche governare…

Mion: esatto ..

Brunetti: come concetto, non gestire ma governare, non avevano il fisico del governo giusto?

Mion: chiaro .. chiaro ..

Brunetti: pacifico che bisognava arrivare.. dicevi sempre.. un discorso di minoranza e di liquidabilità della quota..

Mion: Sì …

Brunetti: lo so, è ben chiaro sto discorso qua, ben chiaro e non è mai stato recepito…

Mion: No ma perché non ho trovato Gilberto ..

Brunetti: assolutamente Gilberto …

Mion: no no guarda la responsabilità…

Brunetti: si erano innamorati di sta roba senza sapere…

Mion: glielo dicevano…

Brunetti: i rischi che c’erano in sta roba…

Mion: esatto

Brunetti: questo era il problema …

Mion: si ma però poi il vero grande problema è che le manutenzioni le abbiamo fatte in calare, più passava il tempo meno facevamo …

Brunetti: Sì daiii ….

Mion: cosi distribuiamo più utili …

Brunetti: utili …

Mion: esatto.. e Gilberto e tutta la famiglia erano contenti …

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