MA COME POSSONO ANCHE SOLO PENSARE ALLE BERNINI E ALLE RONZULLI PER L’ISTRUZIONE

Perchè? Già, perché certe cose avvengono in un modo piuttosto che nell’altro? Passi il destino, che ci fa scherzi bislacchi e, talvolta, sardonici. Passi pure la Provvidenza, per chi ci crede. Ma, nel mondo dei fenomeni, tra le regole limpide del vivere civile, perché certe cose devono andare in un modo che pare insensato e che scontenta tutti? O, perlomeno, quasi tutti.

Ecco, probabilmente, è in quel “quasi” che risiede l’arcano: in quell’unghia che divide la maggioranza dalla totalità e che scandisce la distanza tra il popolo e le élites. Come può venirti in mente di mettere una come la Bernini o come la Ronzulli alla testa del dicastero della Pubblica Istruzione?

Ora, non so se una di costoro verrà effettivamente nominata all’incarico, ma già il fatto che questi nomi vengano dati per plausibili, senza neppure una riga di chiosa disturbata, senza nemmeno un plissé, proclama l’assoluta normalità, per gli organi d’informazione, di una scelta del genere. E la parolina magica mi seduce e mi gira per la testa, come quel motivetto che mi piace tanto: perché?

Cosa fa preporre a mille, nell’urna del favor, queste signore? Le competenze, mi sento di escluderlo. Forse, la fedeltà politica: ma sarebbe come se nominassi sottosegretario la mia gatta, Tina, solo perché da dodici anni mi dorme tra le gambe. Insomma, per quale mai ragione una signora, il cui unico merito palmare sia quello di intavolare vane discussioni in televisione con l’omologo avversario di turno, dovrebbe aspirare a dirigere il risanamento del sistema educativo nazionale? Perché la nostra politica è così deludente nelle persone, nei ruoli e nella loro combinazione? Perché un aviatore viene messo ad occuparsi di agricoltura e un mandriano di relazioni col Parlamento: perché al MIUR si nomina una con la terza media e non uno con il PhD? Direte: un titolo di studio non è tutto nella vita! Verissimo, però, se ti occupi di zootecnia devi, perlomeno, saper distinguere una vacca da un porcello, come, se ti occupi di università, bisogna che tu sappia cosa sia un’università: non basta averla vista da fuori del portone.

E, dunque, torno, noioso, a riproporre il tormentone: perché? Le risposte che mi paiono più plausibili sono due. La prima è un totale scollamento dei ludi politici dalla realtà: come, cioè, se gli accordi, gli equilibri e le distribuzioni di poltrone avvenissero in una sorta di bolla, del tutto sconnessa dal mondo reale. Una bolla con regole tutte sue, con un linguaggio tutto suo e con obbiettivi, va senza dire, tutti suoi: insomma, un metaverso di cui noi non solo non comprendiamo la visione, ma in cui non possiamo mettere il becco.

L’altra possibile risposta è che, semplicemente, le cose avvengano senza un senso compiuto: sulla scorta di conversazioni da bar, strette di mano tra sensali, amicizie e inimicizie da asilo d’infanzia. Sennò non si spiegano certe nomine, certe carriere, certe ossedenti presenze televisive. Sennò, in definitiva, non si spiega la politica nel nostro Paese. Perché sarebbe così semplice: abbiamo un esperto di scuola? Mettiamolo alla Pubblica Istruzione. E un esperto di cultura? Vada alla cultura, per la miseria! Un marinaio alla Marina e un aviatore all’Aviazione: mica è poi tanto difficile. Invece, no: invece avviene che un avvocato o un pediatra finiscano allo Spettacolo e un teatrante si ritrovi ad occuparsi di Sanità.

Lo ripeto: una ragione ultima ci sarà pure, ma a me sfugge. A me sembra tutto un manicomio. Siccome, però, so benissimo che i matti fanno i poeti o si uccidono per amore, ma non siedono mai sulle poltrone del potere, escludo che di pazzia si tratti. Quindi, ripropongo per l’ennesima volta la mia domanda che non avrà risposta: perché?

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