MA CHE CI FA MATTARELLA A SANREMO

Sarà che ho un’estetica tutta mia, ma da cittadino italiano mi dissocio idealmente e fisicamente dall’idea che il mio presidente, mentre il popolo turco vive una tragedia immane, se ne vada a fare caciara in un Festival di nani e ballerine, tra sessualmente fluidi e intellettualmente precari (perchè no l’asino parlante e la donna barbuta?), dove si canta e si balla fino alle due di notte per fare cassetta. E proprio non mi importa nulla che all’operazione si metta la foglia di fico di questa celebrazione della carta costituzionale. Resta la sostanza: in un momento come questo, Mattarella non dovrebbe stare a Sanremo, ma a Roma, nel palazzo dell’istituzione che rappresenta, in segno – minimo – di sobrietà, solidarietà, sensibilità. Sì, un segno, perchè in certi momenti i segni valgono quanto la sostanza.

Sono bacchettone, rigido, trinariciuto? Non lo escludo. Ma non voglio essere ipocrita, e allora dico apertamente che a me il presidente della Repubblica al Festival, mentre la Turchia e la Siria giacciono sotto le macerie, non garba per niente. Non mi torna. Mi suona malissimo. Punto.

Ma forse è un disagio che ormai proviamo in pochissimi, in questo Paese. Forse i tempi sono talmente cambiati, tutto è talmente fluido e relativo, che niente può più provocare stupore. Vedendo Mattarella che si inchina alla prima carica dello Stato, Amadeus, sempre di più devo dare ragione al mio amico Paolo Pagani, filosofo del pensiero libero, che proprio in queste ore mi ha chiarito la questione. Faccio mie le sue parole: Sanremo non è lo specchio del Paese, è il Paese lo specchio di Sanremo.

Un pensiero su “MA CHE CI FA MATTARELLA A SANREMO

  1. Cristina Dongiovanni dice:

    Corretto, ormai siamo in pochissimi. Snobbati e derisi. Ma dobbiamo tenere duro, che non ci prenda la vergogna. Che si riesca ancora a dirlo che non ci piace.

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