di JOHNNY RONCALLI – Da un soffocamento a un altro soffocamento. Abbiamo appena pianto il bambino autistico rimasto fatalmente senza respiro sotto una coltre di vestiti, e subito a seguire ci ritroviamo sbattuta in faccia la storia della bambina di dieci anni, a Palermo, che raccoglie una sfida che circola su TikTok, ha pure un nome ufficiale, “Blackout Challange”: una prova di soffocamento che prevede di arrivare ai limiti dello strangolamento e mostrare a tutti di cosa si è capaci.
La bambina si lega una cintura intorno al collo, stringe, si provoca asfissia e sopraggiunge l’arresto cardiocircolatorio.
Ognuno di noi riavvolga il nastro che porta incise le cose che abbiamo fatto nella nostra vita, lo riavvolga almeno fino ai propri dieci anni di età e anche se le immagini appaiono un po’ sfocate, seppiate addirittura per qualcuno, cosa vediamo?
Chi ha almeno trent’anni vede un bambino che gioca ancora con un pallone o con una bambola, scopre il mondo lentamente, un pezzo alla volta, con stupore, sorpresa e certamente timore, ogni volta che compare qualcosa di adulto, di inaccessibile e temibile. Non è di per sé un merito, è il naturale corso delle cose, la conoscenza passo dopo passo del mondo.
Poi tutto cambia. A un certo punto dei nostri tempi viene meno la conquista. Tutto è a disposizione di tutti in qualsiasi momento, non esistono più scale graduate, solo tuffi sconsiderati in un abisso infido e paludoso.
È lì che comincia il soffocamento. Anche il soffocamento della bambina di Palermo, che non ha la capacità di discernere il bene dal male, ciò che è giusto e auspicabile da ciò che è subdolo, malvagio, folle. Perché non conosce le scale graduate, da subito ha avuto accesso al mondo intero dei social e ogni giorno, ogni ora, ogni minuto digita “apriti sesamo” e sesamo puntualmente si apre, senza obiezione alcuna.
Cosa possa nascondersi nella caverna è davanti agli occhi nostri, ma possiamo francamente chiamarci fuori?
I bambini fin dalla tenera età – troppo tenera, diciamolo – hanno smartphone, tablet, computer disponibili. Per loro, che non hanno sovrastrutture analogiche, imparare a cliccare, navigare, chattare, condividere è un gioco come un altro che si impara in un baleno. E chissà chi di loro sa o impara cosa sia un baleno.
A Palermo si è consumata una tragedia, abbiamo la morte cerebrale di una bambina. Ma è comunque la tragedia dell’uomo, dell’uomo adulto che sta perdendo il controllo, al quale tutto questo pare agghiacciante senza rendersi conto che non può essere sorprendente.
La sfida sarebbe rallentare, fermarsi se necessario. Ristabilire almeno qualche gradualità.
Non sono ottimista.