L’UMANITA’ IN UNA CULLA PER LA VITA

La vicenda del piccolo Enea, il neonato lasciato dalla madre alla Clinica di Neonatologia dell’ospedale Mangiagalli, con una lettera in cui presenta il proprio bambino, dichiarandolo sano, ha suscitato molti commenti. Della sua adozione, se la madre nei prossimi giorni confermerà la sua scelta, se ne occuperà il Tribunale per i Minorenni di Milano (a proposito, visto che le parole hanno un senso, non è il “Tribunale dei Minori”, come pure dicono anche importanti testate, ma si chiama “Tribunale per i Minorenni”).

Preferisco evitare ogni commento sulla scelta della madre e sulle sue motivazioni, considerandolo irrispettoso, nulla conoscendo, per non parlare dell’ipotizzabile abbandono da parte del padre, per soffermarmi sull’esistenza delle cosiddette “Culle per la Vita”, di cui forse poco si sa.

Il dispositivo consiste in una culla termica concepita proprio per permettere di lasciare, totalmente protetti, i neonati da parte delle mamme in difficoltà, nel pieno rispetto della sicurezza del bambino e della privacy di chi lo deposita. In genere, sono nei pressi di un ospedale, in posizione discreta, senza telecamere. Alzando una saracinesca, si lascia il bambino in un’incubatrice riscaldata. Alla sua chiusura si attiva un allarme che consente al personale sanitario di intervenire rapidamente. In pratica, si tratta di una rivisitazione tecnologica della ruota degli esposti, nata in Francia nel dodicesimo secolo e molto utilizzate nel nostro Paese, soprattutto durante carestie e periodi di crisi sociale, fino al progressivo disuso nell’Ottocento e la definitiva abolizione nel 1923. Ad esempio, il cognome napoletano “Esposito” deriva proprio dalle “ruote degli esposti”, che avevano esattamente la stessa funzione: consentire di mettere al riparo i bambini che i genitori non potevano crescere, senza che questi potessero essere denunciati.

In Italia, soprattutto dopo tristi fatti di cronaca, con l’abbandono e la morte di neonati in condizioni di degrado, a partire da circa trent’anni orsono furono avviate campagne per la creazione di tali strutture, sull’esempio di altri paesi come la Germania, dove esistono oltre 100 sportelli. Particolarmente attiva tra le altre l’associazione “Salvamamme Salvabebè” di Roma, che tuttora interviene in modo concreto a sostegno delle mamme e della famiglie con grave disagio psico-socio-economico. Oggi in Italia esistono numerose Culle per la Vita, in pratica almeno una per regione, affidate al personale sanitario, a strutture di volontariato, a enti religiosi.

La nostra legislazione è molto avanzata: tutela sia la madre, che può partorire in ospedale in modo anonimo, sicuro e gratuito e che può scegliere di non riconoscere il figlio; sia il neonato, a cui è riconosciuta capacità giuridica, ovvero ha diritto a un nome, alla cittadinanza, all’educazione e alla crescita adeguata in una famiglia, anche diversa da quella di origine.

Vero è che le Culle per la Vita sono state usate molto raramente (quella di Milano solo tre volte a partire dal 2007), mentre sono circa 400 all’anno i neonati non riconosciuti alla nascita. Esse vanno intese come gesto estremo di accoglienza da parte della collettività a tutela della vita di un bambino. E fosse anche una sola la vita salvata, sarebbe comunque una scelta giusta. Parlarne serve a evitare le gravidanze nascoste, i parti in casa in condizioni igieniche scarse, gli abbandoni che rischiano di trasformarsi in tragedie. Parlarne significa parlare di umanità.

2 pensieri su “L’UMANITA’ IN UNA CULLA PER LA VITA

  1. Cristina Dongiovanni dice:

    Sono molto contenta che esista questa possibilità, onore alle mamme che la utilizzano e convinta sospensione del giudizio nei loro confronti per le cause e per la scelta. Esiste un’umanità grandiosa prima di tutto da parte loro, disposte a superare qualsiasi resistenza interna, sovrastruttura psicologica e moralista, per dare una possibilità alla vita che hanno donato. Le abbraccerei tutte queste mamme, anche se sono convinte di non volere il figlio. Anche se nulla può far cambiare loro idea.

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