L’UCRAINA L’AVRA’ SULLA COSCIENZA PIU’ TRUMP DI PUTIN

Parla il presidente Trump, come parlasse al circolo delle baby-sitter: “Tolte le caramelle al bambino” (le caramelle sono l’assistenza tecnologica in una guerra spaventosa, il bambino ovviamente è Zelensky). Parla il suo adorato tirapiedi, Musk: “Se spengo i miei satelliti Starlink crolla Kiev. Gli Usa dovrebbero uscire dalla Nato, non difendere l’Ue”.

Tutto questo sotto un bombardamento inaudito, diventato più battente della grandine perchè quel predatore di Putin ha fiutato l’aroma inconfondibile del sangue, vede la sua preda ormai in agonia e sa di dover fare in fretta per chiuderla nel modo più sadico e vantaggioso, senza fare prigionieri.

In tutto questo c’è ancora chi brinda euforico a Putin e a Trump, vedi Salvini, che sinceramente non è più possibile inquadrare se non immaginando da terrapiattisti una qualche forma di ricatto da parte dei due dittatori, perchè davvero è terribile immaginarlo così di suo, in altre parole consola di più immaginare un vicepremier in malafede che un vicepremier stordito a tal punto.

Sono ore tremende per l’Ucraina, dove in mezzo ai giochetti internazionali e ai giochi da matti di Trump&Musk continuano a morire esseri umani. Rispetto a un recente passato, è cambiato il volto e il nome del killer: fino a qualche mese fa, si chiamava semplicemente Putin. Adesso, Putin è il diligente esecutore: il mandante neanche tanto occulto si chiama Trump. Nemmeno il caso di dirlo: uno come Putin non aveva bisogno di due tipi come Trump e Musk per riproporci il tetro film del Novecento, quelle scuole e quegli ospedali rasi al suolo, caseggiati e villaggi fumanti come grigliate lasciate andare, reparti pediatrici sgomberati in fretta e furia cercando di salvare il salvabile, tra giovani mamme e poppanti in lacrime, il terrore deformante sui loro volti angelici. Il regista Putin sapeva già bene come gestire il copione, sanguinario solista di altri tempi e di altre logiche. Eppure.

Eppure, l’idolo americano dei Salvini ha di fatto consegnato nelle mani del truculento leader russo il nullaosta finale per fare ciò che gli pare e piace, ad esempio rapinare un quarto dell’Ucraina, prima della ridicola trattativa di pace in cui Zelensky dovrà cedere le sue preziose risorse naturali all’uno e la sovranità di regioni all’altro. Il tutto con adeguata pagliacciata finale, in cui Trump, dopo aver consegnato la preda inerme al carnefice, farà il pavone accreditandosi i meriti di una rapida pace, come da promessa elettorale (vecchio Donald, così erano capaci tutti).

La storia di ripete, sempre. La legge del più forte non l’ha mai cancellata nessuno, né lumi, né civiltà, né trattati. E’ sempre l’unica legge a dettare il gioco e non c’è come assistere alla penosa agonia dell’Ucraina per tirare conclusioni sempre più amare.

Quanto all’Europa, comunque si muova, si muove ormai fuori tempo massimo. Ha vinto la trucida Russia con il suo trucido sponsor americano, ha perso l’ingenua illusione ucraina ed europea. E non c’è altro da dire. Se mai, questa guerra persa può venire buona nei prossimi anni, risvegliando nell’intorpidita e apatica Europa un sussulto di paura e di coraggio. Sempre che l’Europa non sia quella di Salvini, di Orban, della stessa Meloni. Ma anche dei Conte e delle Schlein, che in mezzo a tutte queste macerie riescono ancora a dire “le armi non servono a niente”. Loro, che vorrebbero essere gli eredi naturali della lotta di Liberazione, notoriamente vinta al karaoke.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *