LUCA TRAPANESE, LUI SI’ MERITEREBBE IL QUIRINALE

Oltrepassando con un salto la retorica dell’uomo vero, quello coraggioso, quello con gli attributi, quello che ha le palle insomma, talvolta capita di incontrarla davvero una persona così. Non un eroe, non un martire, una persona vera e forte e fuori dal comune, una persona che razzola molto prima che inizi la predica.

Luca Trapanese, 44enne neo assessore al welfare della giunta Manfredi a Napoli, ha residenza fissa da quelle parti: vero, forte e fuori dal comune.

Una vita a fianco di chi è più debole, una vita che per trama e per ordito incrocia malati, disabili, disadattati, una vita dalla quale comunque scaturisce un sorriso e la consapevolezza che prima di fare testamento la cosa più importante sia fare, che nel suo caso coincide con essere.

Van bene tutti i bei pensierini sulla diversità, sull’integrazione, sull’inclusione, sul fatto che siamo tutti uguali e tutti han diritto a opportunità pari e non dispari. Però poi contano i fatti, conta metterci il cuore, il fegato, le mani e anche la faccia, sorridente nella fattispecie.

Luca Trapanese, con la naturalezza che appartiene solo ed esclusivamente agli uomini veri, fa due cose che possono apparire folli, ma che in realtà dicono di una lucidità coerente e consapevole, due cose, come fossero a margine della sua ordinaria, ma straordinaria, storia a fianco dei deboli.

Prima, pur titolare di una famiglia naturale, decide di farsi adottare da una mamma con un figlio disabile, così da poterne diventare il tutore e il responsabile quando lei non ci sarà più. Poi, è lui a adottare una bambina down, Alba, abbandonata dopo pochi giorni di vita e rifiutata da molte altre famiglie.

Un matto insomma, uno che mette gli altri davanti a sé e anche davanti ai buoi.

«La vita è imperfetta. E noi non possiamo farci niente, dobbiamo solo rilassarci». Cosa vuoi dire a uno fatto in tal maniera, niente. Stai a guardare, sorridi anche tu e ti fai una ragione del fatto che Luca Trapanese è un palestrato vero, uno che si è fatto i muscoli ipertrofici nelle parti giuste: il cervello e soprattutto il cuore.

“È una bimba meravigliosa, il vero premio della mia vita, l’ha resa faticosa, non lo nego, ma anche molto felice. Conosco bene la solitudine di tante famiglie in difficoltà o con figli disabili”.

In un’intervista per il “Corriere della Sera”, Luca Trapanese ripete più volte la parola cura e io sorrido a mia volta, perché mai dà a intendere di voler guarire qualcuno o qualcosa. Dà a intendere di voler provare a esprimere premura, attenzione, riguardo, amore, sia pure con inevitabile affanno e preoccupazione.

La parola cura vanta almeno quattordici accezioni, almeno, e Luca Trapanese credo interpreti le più nobili e meno praticate.

Dice di Alba che spera «sia sempre vista come una persona, non come una donna con la sindrome di Down, e abbia l’opportunità di essere quello che desidera. Alba deve essere Alba, con tutte le sue straordinarie imperfezioni».

Potremmo semplicemente scegliere lui e le persone come lui come modelli ai quali ispirarci, dai quali farci influenzare. Non dobbiamo per forza essere come Luca, non dobbiamo per forza dire ai nostri giovani di essere come lui, ma possiamo spiegare loro che lui è il prototipo dell’uomo forte e coraggioso, non l’ultimo divo o l’ultimo calciatore, forti giusto di veline e procuratori.

Luca Trapanese ha pure scritto una sorta di romanzo, “Le nostre imperfezioni” (Salani), sulla cui copertina viene raffigurato un faro. Non ne sono stupito, anzi compiaciuto.

Non perché pensi che lui assimili sé stesso a una torre luminosa che indirizza i naviganti, ma perché immagino lui stesso tra i naviganti, in cerca di approdi dove dare un senso a questa vita.

Capitani premurosi, attenti, amorevoli, capitani coraggiosi.

 

 

 

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *