L’OLIMPICO VA INTITOLATO A POZZO, NON A PAOLO ROSSI

Si è aperto il dibattito sullo stadio da intitolare a Paolo Rossi. L’idea rivoluzionaria è partita da Gravina, nel senso non del comune pugliese ma del presidente della Federcalcio.

Costui, in occasione dell’inaugurazione di un busto di Paolo Rossi, nella città di Prato, ha pensato bene di annunciare la proposta di cambiare il nome dell’Olimpico di Roma, in Stadio Paolo Rossi. Il quale attaccante campione del mondo mai giocò per una delle due squadre romane, ma la cultura calcistica e storica dei gestori del nostro football non bada a dettagli, l’importante e far parlare di sé e raccogliere voti utili alle prossime elezioni.

Senza ovviamente sminuire niente di Paolo Rossi, sarebbe però interessante capire dallo stesso Gravina di cui sopra e da tutti gli altri dirigenti del governo calcistico e sportivo del Paese, come mai non ci sia un solo grande impianto nazionale, da Udine a Verona, da Milano a Torino, da Genova a Firenze, da Roma a Napoli, da Bari a Palermo per chiudere a Cagliari, dedicato a Vittorio Pozzo, che alla guida della nazionale conquistò due titoli mondiali, un oro alle Olimpiadi e scrisse e raccontò, da giornalista inviato de “La Stampa”, molte di quelle cronache. Pozzo non aveva tweet, non aveva instagram e nemmeno il telefono cellulare. Risulta che esista uno stadio La Marmora poi nomato Pozzo, a Biella, tutto qui, forse all’insaputa dei Gravina vari. In compenso abbiamo lo stadio Diego Armando Maradona e l’Allianz e il Gewiss e la Dacia Arena e il Mapei Stadium e l’Unipol Domus. Questa è l’Italia che litiga per Paolo Rossi e ha dimenticato Vittorio Pozzo.

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