L’OFFESA TV ALLE PARAOLIMPIADI

Giù il sipario sulle Paralimpiadi di Tokyo. Quale sipario? Quali Paralimpiadi? Dove, esattamente?

Le abbiamo seguite grazie ai giornali, ai quotidiani, alla carta stampata. In tv praticamente niente, nei telegiornali e in radio solo numeri di podi e di medaglie, senza nomi, senza gare, senza imprese, senza storie se non per l’ultimo storico tris delle azzurre nei 100 piani di atletica.

Celebrazione per le 69 medaglie, i 69 podi italiani, ma cronaca arida e stringata sui media. Chiaro, non ci sono di mezzo né audience né tifo, eppure quando vuole la televisione riserva alla nicchia programmi niente male: documentari, biografie, arte, musica, storia, scienza, natura. Nicchie anche quelle, forse pagate all’origine da piccoli sponsor o finanziatori appassionati, non so. Non so perché in realtà non capisco.

Questa settimana era fermo il campionato di calcio: un piccolo spazio, un riassunto, una rubrica si poteva anche offrire, a noi e al nostro desiderio di sapere dei figli del Dio minore che correvano, saltavano, nuotavano, tiravano. Storie di eccezionale straordinarietà. Storie che insegnano persino a noi che le difficoltà, anche le peggiori, possono diventare occasione di riscatto e consolazione.

Chiedo anticipatamente scusa a qualche rete che forse, magari, chissà, da qualche parte avrà pure trasmesso manciate di minuti o secondi in diretta o in differita, ma alla gente comune non è stato dato possibile sapere dove, quando, a che ora. Mai.

Sono un telespettatore distratto forse, ma lo zapping lo so fare e garantisco che mi ha portato ovunque, in questi giorni, tranne che a Tokyo per le Paralimpiadi.

Quindi dedico il mio applauso silenzioso, adesso, a tutti i veri eroi dello sport e della vita che vi hanno partecipato, anche senza vincere, perché il loro sforzo è doppio, triplo, quadruplo rispetto a quello dei loro colleghi senza handicap. La vera impresa è stata lasciarli soli anche in una occasione così bella, così grande, così suggestiva, che non meritava di oscurarsi sprofondando nel solito rango di occasione perduta.

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