di CRISTIANO GATTI – Se c’è una cosa ben chiara in questa nuova situazione, è che nessuno ha ben chiara la situazione. Di sicuro – sia detto senza disfattismo, senza qualunquismo, senza niente – non ce l’hanno chiara i nostri vertici politici, a livello centrale e a livello regionale. Sono indecisi a tutto. Non che l’impegno sia dei più facili, questo proprio no. Ma l’ondata-bis di Covid li ha chiaramente colti di sorpresa, là dove poteva starci tutto meno che la sorpresa: presi dall’enfasi e dal furore del rinascimento estivo, forza, bisogna ripartire, riprendiamo a vivere, nessuno si è curato di adottare qualche precauzione, di preparare le dighe giuste all’annunciatissimo assalto autunnale. Ancora una volta, ha vinto l’uomo cicala. E l’uomo formica, i pochi esemplari ancora su piazza, tipo il ministro della salute Speranza o il virologo Galli, è finito nell’angolo, faccia al muro, con il cartello “GUFO” appeso al collo.
Adesso che il Covid si prende la sua rivincita, lo spettacolo è piuttosto preoccupante. Diciamolo pure, senza alcuna soddisfazione, anzi con nuova angoscia. Stanno settimane a decidere se chiudere i ristoranti alle 23 o alle 24, una regione pensa al coprifuoco, l’altra le va a ruota, l’altra ancora s’indigna e si concentra piuttosto a tenere aperte alcune piazze e altre no. Strepitosa la decisione sulle cene tra amici: dopo un immane travaglio, arriva l'”esortazione” a non stare in più di sei, comunque nessuna paura, non manderemo la polizia a controllare. Secondo me, e parla un asino, facevano prima a dire fate un po’ quel cavolo che volete.
E’ evidente: prendono tempo. Vogliono andare a passettini. Aspettano di vedere i dati. Una goccia alla volta, la medicina amara. Con il programma più ambizioso e più vuoto che possa esistere: salvare la salute e salvare l’economia. Come no: noi siamo fenomeni, salviamo tutto, senza dolore e sacrificio per nessuno. Forse Dio. Forse.
E’ per questo che davanti al caos e al caso del momento l’unico vero Dpcm ce lo dobbiamo fare da soli. In casa propria, nella propria cerchia. Con calma, con buonsenso, senza diventare paranoici. L’esperienza e il sapere minimi ormai li abbiamo acquisiti. Basta affidarsi al nostro istinto di sopravvivenza e al nostro senso civico, senza aspettare le indicazioni che calano dall’alto, ogni tre per due, tutti i giorni una mossa diversa e cervellotica. Tagliare gli incontri superflui, uscire solo quando serve, lavarsi le mani, la mascherina sempre (SOPRA AL NASO, DANNAZIONE), tenere le distanze, perchè stavolta non è atto di superbia. Un codice di comportamento personalizzato, un fai-da-te basico, un mini-lockdown domestico che vale più di tanti editti abborracciati, acrobatici, tardivi.
Ancora una volta, i cittadini possono dimostrare d’essere migliori e più saggi di chi sta chiuso tutte le notti nei palazzi del potere a trovare una soluzione che non scontenti nessuno, cioè una non-soluzione. Bisogna provarci. Subito, adesso. Anzi prima. Senza aspettare alcun dato, senza aspettare niente. Aspettare ci è già costato tantissimo in primavera. Proviamo a farcelo da noi, un autunno diverso. Se aspettiamo loro, come l’altra volta, va a finire nello stesso modo.