LO SPOT PIU’ BELLO DI ADIDAS

I testimonial sono la testimonianza vivente che servono, sono utili alla causa, e sono anche quantificabili, come nel caso dell’Adidas, che ha dovuto rinunciare all’immagine di Kanye West e di fatto ha perso oltre un miliardo di euro di fatturato, pari al 7% del fatturato generale, per un divorzio che ha fatto scalpore e il giro del mondo.

Ci si chiederà: perché? Perché rinunciare ad una gallina dalle uova d’oro di tali fattezze? Perché non proseguire la collaborazione più che redditizia con il rapper e stilista americano? La spiegazione è presto detta. A ottobre dello scorso anno le posizioni antisemite di West hanno portato il noto marchio tedesco a prendere vigorosamente le distanze. Alla faccia del fatturato. Alla faccia di un testimonial beniamino di milioni di ragazze e ragazzi. Alla faccia del proprio business. Consapevolissimi di quello a cui sarebbero andati incontro, i vertici Adidas hanno reso noto che quest’anno potrebbero registrare la prima perdita dopo 31 anni, quantificabile attorno ai 700 milioni.

Il divorzio da Kanye West, secondo gli analisti, potrebbe ridurre di 1,3 miliardi il fatturato del colosso tedesco, che nei propri magazzini ora ha una serie piuttosto imponente di Yeezy, le scarpe disegnate e promosse dal rapper americano. La notizia ha fatto il giro del mondo e i commenti sono tutti chiaramente concentrati sul duro colpo finanziario patito dal noto marchio di scarpe e abbigliamento sportivo, ma la notizia mette anche in risalto l’aspetto etico: quante aziende si sarebbero comportate in questo modo? Quante avrebbero messo in conto una perdita di queste proporzioni pur di non essere più collegati ad un testimonial così imbarazzante?

All’inizio del Covid, nell’operosa Bergamo, le aziende fecero di tutto pur di non cessare l’attività, al grido di “Bergamo non si ferma”. Per molti il fatturato è sopra a tutto. Per Adidas soprattutto c’era da salvaguardare la propria onorabilità. E i propri valori, che non sono sempre quotati in Borsa.

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