Una nazionale fuffa, di bassotti da Insigne a Raspadori, da Barella a Verratti, roba piccola spacciata per chissà che cosa e rimessa tra i balocchi di casa nostra. Pensavamo di avere pagato il conto con l’odontotecnico Pak Do Ik e con gli svedesi dell’Ikea, ma per la serie non facciamoci mai mancare nulla ecco Alexandar Trajkovski reduce dai trionfi ottenuti con la maglia storica dei sauditi dell’Al-Fayha, roba grossa, troppo grossa per noi.
Viva la Macedonia, pure del nord, pure priva dei due migliori due, Pandev e Elmas, ma con il cuore in mano e una difesa di quella dei bei tempi eroici del catenaccio azzurro.
Sarebbe meglio il silenzio, la fuga clandestina, dall’allenatore di bell’aspetto ai federali presuntuosi e ai presidenti di club che a forza di infarcire di stranieri hanno bestemmiato la scuola italiana, difensori, centrocampisti e attaccanti, all’ombra dei giganti foresti.
Un classico italiano, altare e polvere, nel giro breve di qualche partita. Siamo sui giornali di mezzo mondo, italiani brava gente e calciatori buffi, per la seconda volta restiamo a casa a vedere gli altri giocarsela, il massimo della mortificazione sul campo, senza poter nemmeno alzare la voce contro l’arbitro, gli infortuni, il terreno di gioco. Zitti, usciamo a testa bassa, senza alcun alibi, propongo un viaggio in Qatar per perderci nel deserto. Tra le risate del mondo.