L’IPERTURISMO E L’IPERDEMENZA DEI SUOI SABOTATORI

Presto dovrò lasciare la casa dove vivo da più di 8 anni: la proprietaria vuole destinarla agli affitti brevi. Le ho fatto presente l’esperienza di un paio di amici che, cavalcando l’onda pre e post Expo 2015 a Milano, si buttarono in questo business venendo costretti in pochi mesi a una repentina retromarcia. Gli inquilini da toccata e fuga, professionisti e colletti bianchi di varie estrazioni, lasciavano gli appartamenti in condizioni indicibili, sporchi e danneggiati. Con essi anche gli “accessori”: divani, letti, cuscini, piatti, televisori, sanitari… Tutto ridotto come dopo una razzia in accampamento. Italiani e stranieri, senza distinzione. Cosicché i miei amici, fatti un po’ di conti tra tasse, pulizie e riparazioni varie, hanno messo le loro case a reddito o le hanno vendute o affittate a lungo termine.

Io non sapevo nemmeno che esistesse l’iperturismo, l’eccesso di turismo insomma, che l’organizzazione mondiale preposta definisce “impatto su una destinazione (…) che influenza eccessivamente e in modo negativo la qualità della vita percepita dei cittadini e/o la qualità delle esperienze dei visitatori”.

Mi domando come hanno fatto e come fanno a resistere da secoli mari, monti, colline, borghi, città d’arte a sopportare le invasioni di sciami di turisti e se la loro economia ne abbia giovato assai. O no. L’Italia, il nostro Paese, ha nel turismo una risorsa di eccellenza, nonostante la successione dei vari governi (tra un Covid e l’altro, tra una concessione e l’altra) non la tratti e non l’abbia mai trattata come tale. Chiedere agli operatori onesti.

E’ evidente che ci siano situazioni anomale come Venezia e Ibiza, tanto per citarne due tra le mie più familiari, assalite da orde sempre crescenti e ormai non più gestibili, avendo bisogno di conseguenza di paletti – quali essi siano, ticket e o numero chiuso – per porre un freno anche all’abusivismo che prolifera indisturbato. Sull’isola delle Baleari da qualche anno affittano per dormire anche i posti barca e i posti balconi, concedendo appunto un sacco a pelo o una branda da piazzare a poppa, a prua, a vista strada o vista cortile.

Non sono un tecnico e non saprei suggerire come affrontare la questione, però sono un cittadino, qualche volta anche turista, e per certo non condivido le forme di protesta che stanno montando ad ogni latitudine, un fenomeno incivile con sabotatori che incollano adesivi sui citofoni dei b&b, ciclisti militanti che segnalano con i cartelli le case per turisti, manifestanti che irrompono nelle sedi delle piattaforme per le case-vacanza, villanzoni che tranciano key box con le tenaglie, studenti con lo spray che scrivono sui muri “Tourist go home”, residenti sotto sfratto per colpa di un affitto breve che invocano sugli striscioni i santi protettori.

I “b&b” sono nati senza nemmeno oneri fiscali di sorta, salvo ravvedimenti in corsa, potendo quindi fare spietata concorrenza agli alberghi e (appunto) buttando sul pianerottolo inquilini residenti. Penso che come per ogni cosa servirebbero leggi e regolamentazioni severe. Non mi faccio illusioni: nel nostro bellissimo Paese non sappiamo trovare posizione sull’eutanasia, figurarsi sui letti a castello… Al confronto Pilato era un decisionista.

Bisognerebbe che la scelta tra “b&b” e hotel fosse solo una questione di praticità e non di risparmio, nel senso che da turista dovresti pagare lo stesso e da locatore pure, equiparando in tutto e per tutto gli hotel alle case. E’ solo una mia idea, percorribile con tutti i distinguo del caso.

Su una cosa non ho dubbi: questi vandali, fuorilegge, ribelli dell’iperturismo vanno perseguiti e puniti. Gli attivisti – per colpa loro – cominciano ad essere troppo simili ai malavitosi e quindi da tali vanno trattati. Ci dev’essere un modo per venire a capo delle cose, chissà che prima o poi un governo qualsiasi ci arrivi, ma non certo quello che prevede spray, adesivi, cartelli, tenaglie, sabotaggi… Quella è iperdemenza.

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