L’INTRIGO DI BOSE, QUANTA MESTIZIA

di DON ALBERTO CARRARA – La vicenda di Bose e del fondatore Enzo Bianchi, che ultimamente ha creato nuovi sommovimenti vaticani, parte da lontano. Per la precisione, è diventata di pubblico dominio a partire dal 6 dicembre del 2019.

A quella data inizia quella che, in linguaggio tecnico, si chiama “visita apostolica”. Papa Francesco aveva mandato suoi inviati per una indagine interna alla comunità. La notizia veniva data dallo stesso sito ufficiale del monastero, il quale pubblicava anche i nomi dei “visitatori”, cioè le persone che la Santa Sede aveva scelto per questo atto importante. Uno era il Padre León Arboleda Tamayo, benedettino, abate che presiede una delle famiglie benedettine, quella che si chiama Congregazione Benedettina Sublacense-Cassinese. Il secondo era il padre Amedeo Cencini, canossiano, consultore della congregazione vaticana per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita apostolica. La terza era Madre Anne-Emmanuelle Devêche, trappista, Abbadessa di Blauvac, villaggio che si trova nel Vaucluse, Sud della Francia, il cui capoluogo è Avignone.

In precedenza Enzo Bianchi, il fondatore, si era dimesso, e Luciano Manicardi, una delle figure più note della comunità, era stato eletto al suo posto. Il fondatore, però, rimaneva nella comunità. Situazione che non è quasi mai facile e che è spesso fonte di incertezze. Lo riconosceva lo stesso comunicato che parlava di “momento di un passaggio che non può non essere delicato e per certi aspetti problematico per quanto riguarda l’esercizio dell’autorità, la gestione del governo e il clima fraterno”. Questa frase, che era presente all’inizio, era stata poi tolta. Evidentemente la comunità stava già soffrendo per oscillazioni e incertezze interne.

Così erano diventare chiare le ragioni della composizione della commissione visitatrice. Due figure erano pacificamente normali: un monaco per i monaci e una monaca per le monache (a Bose esistono, come noto, due comunità, una maschile e una femminile). La figura che faceva pensare a qualcosa di anomalo era il terzo, il padre Amedeo Cencini. Questi ha fatto parlare di sé negli ultimi anni perché era stato nominato, a suo tempo, “visitatore apostolico” per la comunità religiosa di Villaregia. Questa comunità – comunità che ha la sua sede principale a Villaregia, nel delta del Po – aveva gravi e intricati problemi interni e padre Cencini si era dato da fare per sbrogliare la situazione. Pare che l’abbia fatto bene: la comunità di Villaregia, dopo gli scossoni piuttosto violenti della crisi, aveva ripreso il suo cammino.

Ora, questo “visitatore” che si era conquistato i galloni sul campo delle comunità religiose difficili era stato mandato a Bose. L’osservatore esterno era portato a pensare che anche a Bose qualche problema ci fosse e, forse, vista la statura del visitatore, che non si trattasse di problemini di poco conto, perché se i problemi fossero stati di poco conto sarebbero bastati gli altri due visitatori.

In ogni caso: la visita di padre Cencini si era conclusa con l’ordine, dato a Enzo Bianchi, di lasciare la comunità di Bose. Evidentemente l’ingombro di Enzo Bianchi e i contrasti e le interferenze che ne derivavano erano gravi e insanabili.

Da allora la vicenda si era trascinata, tra i disagi interni e esterni alla comunità. Bianchi sosteneva di essere già uscito dal monastero. In realtà era rimasto dove già si trovava in precedenza, in una “dipendenza” esterna, ma comunque vicina alla sede centrale. Dopo oltre un anno è arrivato l’ordine di lasciare definitivamente. Bianchi dovrebbe trasferirsi a Cellole, in Toscana, in una casa sempre di competenza del monastero, il quale si impegna a ritirare i monaci che là si trovavano per lasciare la casa, concesso in “comodato d’uso”, a Bianchi e ai monaci – pare pochi – che hanno deciso di seguirlo.

A questo punto non sono in grado di dire se la vicenda si sia conclusa. Il “Corriere” di qualche giorno fa diceva che Bianchi stava preparando il trasloco. Il suo profilo su Wikipedia concludeva invece dicendo: “Enzo Bianchi deciderà di non prestare obbedienza e di continuare a vivere a Bose”.

Ognuno, ovviamente, può trarre tutte le conseguenze che vuole. Tra le altre, due, banalissime.

Prima. Nei monasteri ci sono uomini e donne che si tirano appresso tutto quello che fa la loro umanità. Tutto, santità e peccati, forze e fragilità.

Seconda. In questa vicenda hanno perso tutti: Enzo Bianchi, certamente, ma anche Bose e la Chiesa. E quindi noi credenti “normali” siamo presi da una inguaribile mestizia.

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