L’INTERMINABILE (E NOIOSO) ADDIO DI VALENTINO

Caro Vale, ti scrivo da tifoso che grazie a te si è avvicinato alla MotoGP, sei riuscito a farmi stare incollato alla tv quando facevi acrobazie da talentuoso campione del mondo. Come me, tantissimi. Non sono uno sfegatato da sfoggiare il 46 a tutti e venire a vederti sui circuiti di mezzo mondo, però mi hai fatto inorgoglire al momento dell’inno nazionale ad ogni tua vittoria. Le tue guasconate mi hanno fatto sempre sorridere e pensavo che anche questo facesse parte di una certa italianità che piaceva. Ho raggiunto l’apice della gioia quando sei passato alla Ducati tricolore, pensando che un’accoppiata del genere avrebbe spaccato. Purtroppo così non è stato e una piccola crepa si è insinuata nelle mie certezze granitiche delle tue capacità superiori. Anche perché l’odiato Stoner ha dimostrato di saper cavalcare quello stallone imbizzarrito, potente e gagliardo nella sua imperfezione. Il tuo connubio ideale era con i giapponesi e me ne sono fatto serenamente una ragione. A te si è sempre perdonato tutto.

La tua tenace volontà di rimanere nel circus e di provarci ancora mi ha impressionato e per un bel po’ sei stato competitivo, nonostante l’arrivo di nuovi ragazzini terribili che volevano replicarti: qualcuno di loro ci è pure riuscito. Allora, mi è sembrato chiaro che il mio obiettivo da tifoso si dovesse spostare su un nuovo piano: la tua longevità ai massimi livelli. Difficile non vederti più girare in testa, ci avevi abituati troppo bene, e ogni volta che ti vedevo finire una gara lontano dal podio mi dicevo che anche questa è “grandezza”, riservata solo a pochi, ai veri miti sportivi. Il tuo carattere da simpatico romagnolo (cavilliamo ancora sui pochi chilometri che mancano a Pavullo?), la tua vocina da adolescente Peter Pan che tutti vorremmo essere, piano piano hanno però cominciato a stonare con il tuo nuovo ruolo. Un equilibrio delicato per chi come te ha visto gli altri dall’alto per poi doverci convivere con umiltà da comprimario. Non tutte le ciambelle riescono col buco, ammettiamolo.

Arriviamo alla inevitabile fase dell’addio – in silenzio pregavo arrivasse prima -, che hai voluto gestire con l’usuale spavalderia e con grande anticipo sulla data reale del ritiro. Forse esagerato, forse troppo stiracchiato nei tempi. A un certo punto ho perso il filo e non ho fissato bene il giorno, perché l’evento mediatico ha travalicato ogni confine spazio-temporale. Ero addirittura convinto che l’avessi già fatto, visti i festeggiamenti a tappeto. Invece sarà il 14 novembre a Valencia, ma ormai avremo consumato tutte le cartucce e asciugato tutte le lacrime. So che tanti ti stanno già cercando, offrendoti un futuro luminoso in altri campi, avrai solo la difficoltà di scegliere la migliore. Eppure stai gareggiando ancora, insieme agli altri piloti che hanno tutt’altra motivazione, col rischio di confondere una tua passerella finale con competizioni fatte di vere sportellate.

Un addio che non mi è piaciuto molto, caro Vale, te lo devo dire col cuore in mano. Se mi chiedono quando ha smesso Valentino, mi viene da rispondere mah, boh, due o trecento volte, qua e là. Avrei preferito uno stacco vero, una pausa che facesse capire l’eccezionalità del momento. La tua classe impareggiabile lo reclamava a gran voce. Così, invece, hai finito per mettere insieme tutto: festeggiamenti in corso, gare ancora da correre, salotti pronti ad ascoltare sognanti le indicazioni sui tuoi prossimi passi. Il passato, il presente e il futuro frullati insieme hanno dato una leggera patina di opaco alla tua luminescente e irripetibile carriera, almeno ai miei occhi. Rovinando parecchio, anche se non proprio tutto. Resta confermato: non è detto che chi è il migliore in corsa lo sia anche a fine corsa. In pista come nella vita. Comunque grazie, stammi bene, e auguri per tutto.

 

 

 

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