L’INTER E LE ALTRE: CI VUOL ALTRO CHE LA COLLETTA DELLE BELLE GIOIE

di TONY DAMASCELLI – S’el custa? La domanda partì da Guido Borghi ed era rivolta a chi lo aveva informato che il Tour de France non accettava ciclisti con maglia di squadra o scuderia, ma solo vestiti con i colori nazionali (così fino al 1962): la decisione era stata presa dagli organizzatori, il quotidiano sportivo “l’Equipe”. Dunque il padrone dell’Ignis replicò con la frase storica: ”S’el custa l’Equipe”.

Sta accadendo una cosa del genere con l’Inter e i suoi importanti tifosi, roba buona, uomini di finanza e di spettacolo e di cultura, da Bonolis a Lerner, da Riotta a Severgnini, parlano di azionariato popolare, raccolgono adesioni e anche denari, dicono di voler mutuare le abitudini di paesi limitrofi, sbagliano però citando i bavaresi di Monaco, che hanno alle spalle Allianz e Adidas e a differenza delle beghe nostrane, tra campanili e fazioni opposte, rappresentano la Germania: questo è il Bayern per chi non lo avesse capito.

Quanto alla mitica formula azionaria del Barcellona, sta segnando una fuga di iscritti: persi trentamila soci in due anni.

Totale: l’idea sarebbe stata suggestiva e bella vent’anni fa o di più, oggi è un gioco di società, una barzelletta perché raccogliere venti, trenta milioni (a essere generosi ai massimi) a che cosa può servire di fronte a un miliardo di debiti e a costi di gestione non una tantum, come la raccolta folkloristica di Bonolis & C, ma annuale, senza sconti, con esposizioni pesanti, campagna acquisti e cessioni, responsabilità civili e penali, perché oggi il calcio è azienda e al di là delle gioie e degli entusiasmi da bar sport, servono i dané, quelli veri, sostanziosi, sostanziali, continui e il s’el custa di Guido Borghi è il riassunto passato, presente e futuro di qualunque idea estiva, poi destinata a conoscere l’autunno.

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