L’INTELLIGENZA VERA DEL NOBEL PARISI BATTE A.I. 6-0 6-0

Intervista illuminante, da divulgare nelle scuole, al premio Nobel Giorgio Parisi. Di Elena Dusi, Repubblica.it:

Forse anche l’intelligenza artificiale percepisce il carisma di Giorgio Parisi, premio Nobel per la fisica. “Una volta ho provato a chiederle quanto fa 5 per 4 e mi ha risposto 20” racconta lo scienziato, poco prima della sua conferenza sulle “radici fisiche della moderna intelligenza artificiale” all’Accademia dei Lincei. “Io però ho insistito. Sei proprio sicura che non faccia 25? Alla fine l’ho convinta. Hai ragione, fa 25″

Ma forse sapeva che lei è uno scienziato da Nobel?

“Certo che no. Un’altra volta le ho chiesto chi era il presidente dell’Accademia dei Lincei. Io avevo appena finito il mio mandato e mi era succeduto Roberto Antonelli, il professore di filologia romanza attualmente in carica. Il programma di intelligenza artificiale mi ha detto che presidente era il famoso fisico Roberto Antonelli, mescolando le informazioni. Le ho fatto presente che il professor Antonelli secondo Wikipedia è un linguista. Questo è un mistero da risolvere, mi ha risposto”.

“Le sue basi teoriche nascono alla fine dell’800. Anch’io me ne sono occupato per un periodo mentre studiavo i vetri di spin. Il concetto fondamentale somiglia al gioco in cui leggi una frase a metà, poi devi indovinare la parola successiva. I programmi di intelligenza artificiale vengono sottoposti a un addestramento in cui leggono miliardi di pagine di testo. Alla fine di questo enorme lavoro diventano esperti nell’indovinare la parola che viene dopo. Riescono quindi a elaborare testi che il più delle volte risultano sensati”.

Una delle persone coinvolte nello sviluppo dell’intelligenza artificiale, Elon Musk, è sotto accusa da parte della Royal Society. L’accademia delle scienze inglese ha raccolto 1.400 firme per espellerlo dopo i suoi tagli alla ricerca negli Usa. Lei ha aderito?

“No, le espulsioni non sono mai una buona idea. Ricordano quanto è accaduto in passato con le leggi razziali. Una buona forma di protesta sarebbe smettere, da parte di tutte le accademie scientifiche, di utilizzare X”.

Tornando all’intelligenza artificiale, secondo lei è davvero intelligente?

“E’ un grande Bignami di quel che l’umanità ha prodotto sul web fino a oggi. Conosce e rielabora solo i testi usati per addestrarla. Qualcuno l’ha soprannominata pappagallo stocastico, perché ripete a pappagallo e a caso quel che gli è stato dato da leggere. Il nostro cervello non funziona così. Nessuno di noi impara a scrivere leggendo miliardi di libri 50 volte di seguito. La competenza dell’intelligenza artificiale poi è solo linguistica. Non possiede una rappresentazione del mondo. Se gli chiedi il percorso migliore per andare da A a B ricorre a un testo che qualcuno ha scritto in passato. Non saprebbe però tornare sulla strada giusta dopo una deviazione, perché non ha una mappa del mondo esterno. E’ il motivo per cui le auto a guida autonoma, nonostante l’intelligenza artificiale, progrediscono solo lentamente”.

Quindi non è preoccupato?

“Mi preoccuperei se tutto il mondo finisse per usare un unico programma di intelligenza artificiale. Se accadesse come Google, un motore di ricerca diventato quasi universale, avremmo un software capace di cancellare intere correnti di pensiero a suo piacimento”.

C’è un rischio di censura?

“L’intelligenza artificiale risponde in base ai testi con cui è stata addestrata. Se le facciamo leggere testi di medicina poi chiediamo se è opportuno vaccinarsi avremo una risposta. Se le facciamo leggere tesi complottistiche avremo una risposta molto diversa. La decisione è in mano a chi sviluppa il programma e non sempre viene resa nota”.

Si dice che nessuno comprenda realmente come lavora un algoritmo di intelligenza artificiale. Lei lo capisce?

“Conosco bene i principi di funzionamento. Ma i dettagli dei programmi spesso non vengono resi disponibili. Esistono credo solo due software aperti, cioè accessibili a tutti. Quello di Meta e il cinese DeepSeek. Quest’ultimo, mi racconta chi l’ha usato, ti fornisce informazioni sugli eventi di Tienanmen, ma li fa scomparire dallo schermo dopo un attimo. Un altro problema è che la teoria che sottende le reti neurali più profonde e complesse è ancora debole, poco elaborata. Si procede un po’ per tentativi ed errori e c’è molto bisogno di idee nuove. L’Europa, per dare un contributo con i suoi scienziati e non restare ai margini, schiacciata tra Stati Uniti e Cina, dovrebbe unirsi in un laboratorio comune sullo stile del Cern e creare un suo programma di intelligenza artificiale, ovviamente aperto”.

A uno studente che le chiedesse a cosa serve studiare, visto che c’è chi fornisce tutte le risposte, cosa risponderebbe?

“Che studiare oggi è necessario più che mai. Il rischio è diventare dipendenti dalle decisioni di chi ha studiato. L’intelligenza artificiale, a differenza dei motori di ricerca, non spiega quali fonti ha usato per arrivare a una risposta. Richiede quindi la nostra capacità di esercitare lo spirito critico, ragionare, valutare l’affidabilità delle informazioni ricevute. Senza nuovi contributi della nostra intelligenza, poi, quella artificiale è destinata a esaurirsi. E’ un grande collage di quel che abbiamo scritto fino a ora sul web. Se ci limitassimo a prendere per buone tutte le sue risposte, senza sforzarci di immettervi contenuti nuovi, anche l’intelligenza artificiale smetterebbe presto di crescere. Potrebbe andare bene per i problemi di oggi, ma sarebbe assai poco utile per quelli del futuro”.Pubblicità

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