L’INFLAZIONE VERA E L’INFLAZIONE FURBASTRA

A un certo punto, sembriamo in pieno giudizio universale: mancano materie prime in tutto il mondo, soprattutto i famosi microchip, i costi schizzano all’insù, si creano disservizi su tantissimi prodotti – provate a ordinare un’auto -, partono attese estenuanti, i prezzi corrono impazziti per star dietro agli aumenti e tutta la filiera va in fibrillazione, dai fornitori ai consumatori, passando da produttori e distributori.

Cosa fare? La prima reazione è di correre ai ripari spingendo al massimo le capacità manifatturiere, cercando di recuperare. Nascono nuove società dal nulla, tutti a produrre microchip e affini. Una mole di lavoro enorme che sembra più una giostra a velocità accelerata, dove chi sale si occupa solo di fare il proprio piccolo pezzettino, senza sapere un granché dei veri obiettivi. Ma la sensazione diffusa è che questo frullato sia comunque necessario e che tu debba dare un contributo. Nessuno si cura del dopo-bolla, quando ci sarà un chiaro surplus produttivo e di offerta, con un effetto della stessa forza ma di segno contrario. Come volevasi dimostrare, ormai di microchip se ne trovano a secchiate.

Nella vita vera delle aziende tutto questo si traduce in un viavai frenetico di comunicazioni e di riunioni per capire come adattarsi ai nuovi scenari. Si fanno e rifanno calcoli degli impatti su volumi e profitti, e l’operatività si traduce su come aggiustare in tempi brevi i listini. Nel 2022 si è già arrivati a 3-4 aumenti in rapida successione: all’epoca della carta questo avrebbe mandato in sollucchero gli stampatori dei listini e ai matti i commerciali.

Piccolo particolare: questi aumenti poi non si riescono nemmeno a scaricare sul mercato perché non ci sono abbastanza approvvigionamenti di prodotti, vedi sopra. Un cane che non trova la propria la coda da mangiare. E la cosa più paradossale è la richiesta continua, ossessionata e trinariciuta, delle sedi centrali “What happens in Italy, why the prices don’t go up?”. “Cosa succede in Italia, perché i prezzi non crescono?”.

Perchè? Semplicemente perché si è aggrovigliato tutto, troppi cambi in pochissimo tempo e finché non consegno i prodotti degli ordini di un anno e mezzo fa le cose non possono modificarsi. Il mio pensiero piuttosto va ai quei reparti di pianificazione strategica, una folta schiera di gente rinchiusa in uffici senza finestre, che dovrebbero prevedere l’andamento dei costi e dare indicazioni su quando il trend si invertirà. Lavorano ancora? Se dobbiamo reagire schizofrenicamente in questo modo, eliminiamo almeno questi pensatori, se non altro riduciamo i costi organizzativi.

E’ la sintesi di un sistema squilibrato (e anche comodo) che predilige reazioni immediate piuttosto che valutazioni ponderate. Soprattutto in momenti di emergenza come questi. Bisogna a tutti i costi riempire una “action list” con scadenze ravvicinate, chi fa cosa, eccetera. Vietato pensare, dobbiamo agire. E pazienza se agiscono tutti allo stesso modo, a testa bassa. Bisogna fare così, fanno tutti così. Su i prezzi, su i prezzi. Intanto portiamoci avanti, a scanso di rischi. L’occasione è buona per guadagnare qualcosina in più. Riflettere è visto come una perdita di tempo. Più importante correggere il breve periodo, poi vedremo. La testa è lì solo per grattarcela.

L’altro giorno un cliente mi ha buttato lì un quesito elementare: “Aprendo i giornali si può vedere che i prezzi di certe materie prime stanno calando, com’è che voi aziende siete ancora in piena trance di aumenti: non c’è nessuno di voi che guarda più in là del naso?”. Uno schiaffo bruciante che lascia il segno. Lo giro a chi ci ha portati in carrozza in questa situazione.

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