LETTERA DA BERGAMO – 5 (fine)

di CRISTIANO GATTI – Qualcosa s’intravede: non è una luce, è un pallido fulgore in lontananza. Ma è già moltissimo, rispetto al buio pece dell’interminabile notte malata.

Davvero irreale quello che è capitato a Bergamo negli ultimi tempi, in così poco tempo. Più che altro, lo si legge nella colonna sonora di questa terra. Meno di due mesi fa avevamo nelle orecchie il fracasso festoso dei clacson e delle trombe per le imprese europee dell’Atalanta. Ma poi. Pochissimo tempo ancora, ed ecco nelle nostre orecchie il suono macabro delle sirene e delle campane a morto. Una cosa terribile, difficile da esprimere: quei sibili acuti, quei rintocchi tombali, tutto un insieme per diffondere angoscia, fin dentro gli angoli più remoti di ogni singola abitazione.

Adesso si percepisce chiaramente un nuovo cambio. E’ calato il silenzio. Sirene e campane sono in lenta dissolvenza. E l’anima scheggiata riassapora un minimo di speranza. Sì, frastornata e intontita, le terra di Bergamo ricomincia a percepire questa molla ancestrale, che per fortuna ci portiamo dentro dal grande inizio: la speranza. Cosa saremmo, miserabili noi, senza la speranza. Vera, fondata. O vana e illusoria. In ogni caso, vitale come il sangue.

A dirla tutta, per molti di noi è già autentica frenesia. Non parlano d’altro che di ripresa e di Fase due, sono ai blocchi di partenza come Bolt per i cento metri, come le macchine di Formula 1 sulla pit-lane, in attesa del semaforo verde per sgommare via verso la ripresa, in un fumo di copertoni.

Sinceramente, troppa fretta. Bergamo conta pur sempre 120-130 nuovi casi ogni giorno. E nelle case di riposo i nostri nonni continuano a morire, senza neppure l’onore e il privilegio del tampone che li inserisca ufficialmente nella contabilità nazionale del Covid-19.

Ci vorrà ancora del tempo, questa la verità. Ed è in questo tempo che sarà più insidiosa la prova, tra la tentazione di liberarci velocemente dall’incubo e il prudente realismo di fare ancora più attenzione, uscendo di nuovo là fuori.

Tutti però sono pronti a fare giuramento su un futuro più radioso. Bergamo ascolta la televisione, legge i giornali, subisce la grancassa e prontamente si adegua: sicuro, niente sarà più come prima, avremo un mondo diverso.

D’altra parte, come si fa a dire no di fronte al martellamento dei buoni sentimenti. Si sentono i vip dello spettacolo esortare la gente semplice a riscoprire le cose semplici, proprio loro che probabilmente non le hanno scoperte mai, e se le hanno scoperte se le sono bellamente dimenticate. Si sente il re dei banchieri, il professor Bazoli, dire che dovremo smetterla di sentirci padroni del mondo. Io ho sentito persino una docente della Cattolica, in collegamento col Tg, parlare di una prossima “rivoluzione della tenerezza”.

Ecco, concludendo queste mie lettere, infilate in una bottiglia e spedite nel mare lontano da Bergamo, sperando che anche a un solo forestiero prima o poi capiti di leggerle, proprio adesso devo subito fare outing: lo confesso, non mi sento adeguato al tempo nuovo, non sono all’altezza della nuova Italia. Voglio dirlo prima ancora che cominci il rinascimento morale, lealmente. E’ fuori dalla mia portata. Troppo alto, per me. Personalmente, non mi sento né meglio né peggio rispetto a com’ero prima dell’epidemia. E se devo proprio dirla tutta, non credo proprio che cambieranno così radicalmente tutti gli individui della mia stessa specie umana.

Il problema è che diffido della saggezza nata da un virus. O da qualunque disgrazia. Questa idea che il Corona si porti dietro, come un effetto collaterale, come una sua mutazione, la saggezza umana, sinceramente mi lascia molto scettico. Questo luogo comune, facilone e allegrotto, che sta dilagando via Web e via Tv, per cui dalle grandi difficoltà nasce certamente un’umanità migliore, sinceramente fatico a condividerlo.

Se abbiamo bisogno di migliaia di morti per comprendere la differenza tra cose vere, importanti, solide, e cose insulse, vacue, fatue, significa che eticamente e moralmente abbiamo il fiato corto. Questi sono i primi rudimenti del vivere, le aste delle elementari. Stanno scritti da sempre sui sacri testi delle religioni e delle filosofie, negli esempi degli uomini giusti, figuriamoci se devo starmi a sentire il birignao moralista dei narcisi televisivi. No, non esistono le scorciatoie, non esistono i corsi accelerati, non esiste il Cepu della buona vita. E non c’è proprio bisogno di uno sterminio per apprenderli. Se qualcuno fino al Covid-19 ancora non li aveva scoperti, non credo proprio che li scoprirà dopo. E’ di moda dirlo adesso, fa scena ripeterlo a ciglio umido, ma durerà giusto il tempo di qualche mese: poi, si tornerà docilmente a vedere la D’Urso, a bivaccare negli outlet, a demolire la scuola, a promuovere gli idioti lecchini, a mandare lontano i nostri ragazzi migliori, a evadere le tasse, a buttare i mozziconi per terra, a rapinare una pensione d’invalidità, a considerare virtù pubbliche la furbizia, l’egoismo, l’opportunismo, la meschinità.

Tutto qui. Proprio non ce la faccio a immaginare una catarsi epocale. Chiedo scusa e mi dissocio. A me basterà ritrovare al loro posto le magnifiche persone che già ammiravo prima, quelle che non avevano proprio bisogno del virus per ripresentarsi migliori. Purtroppo, tante di loro non le ritroverò, perchè di virus sono morte. Ma mi farò bastare il ricordo, l’esempio, l’eredità spirituale.

Il resto lo lascio agli ottimisti. Con una forte invidia, perchè loro ci credono sul serio. Certo posso sbagliarmi io. E anzi spero, spero con tutte le forze, di sbagliarmi. Sono pronto a darmi del cretino, non vedo l’ora, davanti a un mondo davvero migliore. Nel caso, lo farò con incontenibile entusiasmo, sventolando il tricolore assieme a tutti gli altri. Per una volta, non a vanvera.

LETTERA DA BERGAMO – 4

4 pensieri su “LETTERA DA BERGAMO – 5 (fine)

  1. FIORENZO ALESSI dice:

    Stim.mo Dott. Cristiano Gatti,
    La “fine” delle sue lettere da Bergamo , di un’angosciosa bellezza e di una altrettanto bellissima verità , non sarà- temo anch’io – l’inizio di un rinascimento sociale .
    Le ragioni le ha già scritte , e bene, proprio lei. Nulla da aggiungere, e tanto meno da togliere.
    Da sorridere però si, di sconsolata mestizia : quando mi parla di “…primi rudimenti del vivere ……nell’esempio degli uomini giusti …” .
    Questa non è speranza, questa ho paura che sia e rimanga illusione . Pia o meno, poco conta.
    Sarò ben felice anch’io di ricredermi , ed anche di chiedere scusa e pure perdono semmai sbagliassi .
    Non dico , anche per scaramantica inopportunità, chi vivrà vedrà.
    A tutti , l’augurio di tanta salute e di una Buona Pasqua di vera risurrezione, per chi crede e per chi crede di non credere.
    Cordialmente.
    Fiorenzo Alessi

  2. Orfeo Benaglia dice:

    Purtroppo l’uomo non ha mai imparato nulla nei secoli dalle varie pandemie carestie sofferenze ecc.
    Ha continuato a ripetere gli stessi errori all’infinito: Ingiustizie, colonizzazioni,schivismo, genocidi,stermini,ruberie sottto ogni forma,guerre inventate per eliminare arsenali nascosti mai trovati,guerre per la supremazia di una “razza”, trasporti di inquinanti in terre lontane non controllate, traffico e vendita di armi
    predicando libertà, giustizia e dicendo di essere cotro la guerra e si potrebbe andare avanti…
    L’uomo non ha mai imparato. Nemmeno nel dolore. Anzi anche mentre si muore pensa subito al PIL
    alle borse che vanno male, ai contraccolpi economici. Pensa alla crescita del benessere all’infinito.
    Solo gli idioti possono avere la geniale idea di crescere all’infinito
    visto che per crescita si intende solo quella “pseudoeconomica”.
    E l’Europa che non esiste?
    Dobbiamo imparare a valorizzare la povertà, intesa come eliminazione del superfluo,di tutto quello che di cui non ci serve veramente ma è solo
    ostentazione,esteriore,facciata…
    Invece continuiamo a
    correre per comperare
    correre per avere
    correre per dimostrare
    correre per esibire
    correre per consumare
    correre per ostentare
    correre per superare
    correre per correre…
    Così dimentichiamo la scuola, la sanità, la cultura, la ricerca, la giustizia…
    Che questo covid 19 sia la lezione giusta? ……………………………..

  3. Filomena Losanno dice:

    Come non essere d’accordo?
    Anch’io penso che questo buonismo che gira nell’aria sia solo la promessa infantile del figlio sorpreso a rubare marmellata dal Padre Celeste.
    Quando si passa giorni e giorni in casa senza neppure lo “smart working” che ci lega alla vita precedente ti accorgi che il tuo pensiero non è affatto alla mancanza del bonifico a fine mese, non è affatto al dopo, alla ripresa, alla ripartenza, ma a quello che sta accadendo, al qui e ora.
    Quando per giorni e giorni preghi e parli con te stesso, quando per giorni e giorni tremi e aspetti e, come ha scritto lei, vai in ansia allo squillo del telefono, perché temi le notizie che ti posso dare e non pensi che sia solo un amico in cerca di compagnia.
    Allora ti cresce dentro la pianta dell’insofferenza per tutti quei consigli di come passare il tempo.
    Vorresti URLARE che te lo vuoi cercare tu, te lo devi sentire sulla pelle il tempo pesante di attesa, devi anche annoiarti, devi sentire il vuoto, devi sentire la mancanza, devi morire se vuoi rinascere.
    Poi non sazi dei consigli ti chiedono anche di condividere come lo hai fatto e allora vengono alle labbra brutte parole: “Ma saranno anche fatti miei?”
    Poi scopri che proprio l’amico che ti ha cercato lavora da casa, pensa agli straordinari sottratti agli incentivi persi.
    Allora io mi sento straniera su questa terra e penso che il mondo davvero viaggi su due binari, uno che ha dentro qualche seme da coltivare e un altro che non l’ha mai avuto.

  4. giacomo buzzetti dice:

    Carissimo
    non posso che darti ragione ma…un poco ci credo che qualche cretino ciarliero e saputello una botta l’abbia presa prevedendo un’immunità al senso critico ed incassando uno schiaffone quasi letale.
    Da un lato la crudele cronaca, la paura, l’impoverimento e dall’altro l’obbligo ad affidarci all’unica arma che potrà salvarci: la fresca intelligenza delle nuove generazioni.
    Altrimenti non avremo neppure altri ghiacciai da scongelare o foreste da devastare.
    Grazie Cris

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