Se nella piazza grande tutto tace, altrove per fortuna qualcuno fa sentire la propria voce. La piazza grande sarebbe il Parlamento della Repubblica Italiana, l’altrove la regione Toscana e parlo dell’atavica e irrisolta questione del fine vita.
Passano gli anni, passano le sofferenze che nemmeno possiamo immaginare, passano i morti, passano anche le legislature, destre e mancine, ma quel che non passa mai è l’indifferenza. C’è sempre qualcosa di più importante di cui discutere, su cui fare leggi, oppure semplicemente su cui accapigliarsi. Va bene tutto, purché non sia il fine vita, a chi entra in politica il memento mori evidentemente non garba. E vorrei vedere, col vitalizio all’orizzonte.
C’è l’associazione Coscioni che indefessa si batte su tutti i fronti in materia, c’è Marco Cappato che del diritto alla morte ha fatto una ragione di vita, e ci sono le sentenze che allo stato attuale fanno legge, o almeno stabiliscono un precedente al quale fare riferimento.
Ed è proprio alla sentenza “DJ Fabo-Cappato” che fa riferimento la regione Toscana per fare la sua legge, il suo decreto, in mancanza di una delibera nazionale, in mancanza di una sensibilità e di due dita di coraggio che portino i nostri valorosi parlamentari ad affrontare la questione, vitale al punto da riguardare la morte, cruciale al punto da mettere sul piatto le loro coscienze e quindi inevitabilmente degna di finire in fondo alla lista delle priorità, l’ultima delle scartoffie, dopo la rottamazione delle cartelle esattoriali, dopo i condoni delle verande, dopo le impunità, dopo tutto. Dal fine vita scappano, sempre, tutti.
La Regione Toscana stabilisce che debbano essere costituite delle Commissioni Disciplinari Permanenti che analizzino e diano l’eventuale via libera alle decisione fatale: irreversibilità della patologia, presenza di sofferenze fisiche o psicologiche, che il paziente reputa intollerabili, dipendenza del paziente da trattamenti di sostegno vitale, capacità del paziente di prendere decisioni libere e consapevoli, questi sono i vincoli da superare per poter accedere alla possibilità di dar fine alle proprie sofferenze, e paiono vincoli ragionevoli e umani. Poi naturalmente bisognerà fare i conti con l’obiezione di coscienza dei medici e con un cambio culturale non semplice da tracciare, ma quanto meno è un segnale non esattamente di debole intensità. In Toscana la politica non è scappata.
Chi la delibera non l’ha votata, tutto il centrodestra di fatto, ha da ridire: “Una pagina vergognosa della Regione Toscana che oggi tocca il suo punto più basso non facendo onore alla sua storia e approvando una legge che porterà migliaia di fragili, anziani, malati ed emarginati a spingersi verso la morte. Questo non lo possiamo accettare”, dice il deputato di Fratelli d’Italia Francesco Michelotti, definendola legge “disumana e anti costituzionale”, e fa un po’ sorridere, con l’amaro tra i denti.
Uno rimuove il problema, lo ignora o lo mette nel ripostiglio, giusto perché non può farne cenere, e apre bocca giusto non appena qualcuno riesce a ottenere una delibera umana che risponde al diritto incontestabile di decidere se vivere o meno, quando la propria vita non può più essere definita tale. Ma almeno ne aveste discusso e aveste preso decisioni in merito, magari diverse, magari meno umane, ma almeno ne aveste discusso.
Invece no, peggio dell’omertà, l’importante è che non se ne parli: che si muoia in silenzio, tra atroci sofferenze, ma in silenzio per favore.
La Regione Toscana ne è consapevole, qualora il Governo dovesse decidere e legiferare diversamente, la delibera locale decade e pazienza, ma non mi fascerei la testa. Al di là delle rimostranze del momento, nessuno, ma proprio nessuno ha voglia di metterci testa e coscienza. Il nostro Parlamento è in altre faccende affaccendato, è troppo occupato dall’affaire Santanchè, anche se a ben vedere nemmeno di quello si occupa e si preoccupa.
Siamo in una fase di stasi, diciamo, con l’unica consolazione di avere la s minuscola.