LE STUCCHEVOLI GRIDA PAONAZZE DI SANGALLI

di GHERARDO MAGRI- La pandemia ha portato alla ribalta una serie di categorie professionali che mai avremmo conosciuto: virologi, scienziati, primari di pronto soccorso, commissari per le emergenze, rappresentanti d’associazione, eccetera. Tra questi ultimi, un volto è diventato più popolare di altri, soprattutto per le sue interviste sintetiche con immancabili richieste stentoree. Ovviamente è Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio dal lontano 1996, eletto da tre mandati per acclamazione. Un politico di mestiere, un vecchio diccì che vanta quasi trent’anni di solida militanza nei palazzi romani, partendo come titolare di una concessionaria Fiat di Sesto San Giovanni.

Questo arzillo ottantaquattrenne guida con grande energia la più vasta legione di imprese italiane del commercio, turismo e servizi, ben 700.000. Identikit personale, da come appare in tivù: bella presenza, uniforme d’ordinanza classica – giacca e cravatta -, sguardo dritto alla telecamera (o al gobbo), parole scandite con cura e ben pronunciate. Segni particolari: colorito spesso paonazzo per l’enfasi, giugulare in evidenza come un tubo del gas e senso della catastrofe imminente. Ogni volta scenario apocalittico, pretese veementi e minacce sanguinose.

Caro presidente, capisco che il suo compito sia la difesa a oltranza dei diritti della sua confederazione, la più colpita in assoluto dalle restrizioni. Abbiamo compreso le difficoltà dei commercianti da lei rappresentati, che tra l’altro si sono ben difesi in tivù anche da soli, ma mi permetta di.

Mi spiego. Le sue perorazioni infiammate, che le stravolgono financo i lineamenti del volto, portano inevitabilmente a enfatizzare l’urgenza della situazione. Magari perfetta strategia per le prime volte, però alla lunga inadatta, se applicata in ogni momento e per un lungo periodo, sempre e comunque, come un disco rotto. Con le sue interviste e le sue richieste lapidarie per punti, ha finito per dare l’impressione che le rivendicazioni del suo fitto elenco abbiano tutte lo stesso livello di peso. Cosa che alla fine non funziona, perché non è mai così in realtà. Nelle aziende accadono spesso situazioni del genere e si insegna a selezionare con gran cura i due-tre punti chiave in mezzo alle mille difficoltà, e puntare dritto a risolvere soprattutto quelli. Gli altri seguiranno. Altrimenti vale l’adagio “tutte priorità, nessuna priorità”. Ho esempi concreti di manager che hanno applicato il suo metodo e il risultato è sempre stato lo stesso: non distinguono più le cose importanti dalle altre, la confusione è totale, si lavora in modo improduttivo e la gente è disorientata.

Il ruolo di presidente del terzo millennio, inoltre, non deve coincidere così tanto con il profilo dei propri assistiti, andava bene qualche decennio fa: meglio una guida più moderna che metta alle strette le controparti su temi selezionati e ben preparati piuttosto che rappresentare a tutti i costi un malcontento generalizzato e difficile da gestire, alzando i toni in tutti i sensi. Magari funziona di più. Per la sua pressione arteriosa di sicuro sarebbe un toccasana.

 

 

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