Roba buona del famoso pubblico devoantri, ma mica soltanto tra i biancazzurri, il rave party o partita riguarda e coinvolge tutte le ciurme che si considerano depositarie della passione e vantano il diritto di andarci oltre, essendo, per l’appunto, ultras, alla latina, o ultrà alla huligana.
Lo scritto della curva laziale si aggiunge, dunque, a quello di altri addetti all’odio, un repertorio che fa tornare alla mente il tempo maledetto dei “Comunicato Numero 1”, volantini a stelle, lasciati nelle cabine telefoniche in quegli anni di piombo e di morte. Minacce allora criminali e terroristiche, oggi codarde e però ricattatorie in un clima già di suo schifoso e violento.
Un capitano non è degno di vestire la maglia. Chi lo dice? Chi lo scrive? Ma come si permettono? Ah, pagano il biglietto e dunque sono liberi di. Certamente di fischiare, anche di lanciare qualche saracca, ma se si supera la linea bianca si finisce in off side, dovrebbero saperlo e dunque sta alle forze di polizia individuare i ricattatori, i portatori di minacce.
Dovrebbe intervenire il presidente Lotito perché Acerbi è pure un patrimonio suo, dovrebbe fiatare (no, chiedo scusa) dovrebbe parlare Sarri, perché quel giocatore è ancora utile e prezioso per il gioco laziale.
Niente, omertà, silenzio, paura. Persino lo stesso Acerbi chiede scusa.
E’ roba brutta e triste, il calcio ha i suoi comandamenti ma anche le sue vergogne, la legittimazione dei violenti, non soltanto nei cori razzisti, ma in qualcosa che è ancora peggiore, la minaccia. Andrà tutto bene, si canta sui balconi. A fijo de na, a‘nfame.