LE CORNA TRISTI DI BELLANO

di MARIO SCHIANI – Come quasi tutto ciò che oggi interessa e fa discutere, anche l’origine di questa storia la troviamo nei social. Un mattino a Bellano, sponda lecchese del lago di Como, compaiono, in due diversi punti dell’abitato, delle grandi scritte sui muri. Restano visibili per poche ore, perché il sindaco interviene a farle cancellare, ma tanto basta: in paese non si parla d’altro, sui social si commenta all’impazzata e perfino i giornali nazionali sbattono la faccenda in prima pagina, o almeno in homepage.

Una storia che ha tutti gli ingredienti del canovaccio letterario di provincia, di quelli che ci hanno consegnato i libri, tra gli altri, di Piero Chiara e Andrea Vitali, nato e cresciuto quest’ultimo proprio a Bellano: chissà cosa avrà pensato svegliandosi, un bel giorno, nel mezzo della trama di un suo romanzo.

Da quanto di evince dalle frasi vergate sui muri, non proprio concepite in dolce stil novo, il maresciallo comandante della locale stazione dei Carabinieri sarebbe al centro di un intrigo passional-amoroso che lo vedrebbe insidiatore di mogli altrui. Il paese, com’è tradizione, mormora, i social sghignazzano, i giornalisti scrivono e l’Arma dei Carabinieri conferma di aver avviato un’indagine interna che potrebbe preludere al trasferimento del maresciallo per “incompatibilità ambientale”. Sia pure ammettendo per irresistibile il contorno boccaccesco, va riconosciuto che la sintesi della notizia è piuttosto semplice: un comandante dei Carabinieri rischia il posto per due scritte sui muri. Con un dettaglio secondario comunque grottesco: un carabiniere può essere allontanato, le mogli degli eventuali tradimenti restano.

Si potrebbe dire: è la provincia, bellezza. Lo è oggi e lo è sempre stata: nido di vizi privati e di pubbliche virtù, terreno fertile per il pettegolezzo, recinto nel quale alcune anime spesso piantate a caso si guardano l’un altra vivere, giorno dopo giorno, fino a quando, prigioniere della noia e dell’abitudine, finiscono per dissezionarsi a vicenda e per cercare nell’ombra quel che alla luce del sole debbono far finta di non conoscere. Ancora una volta una storia di provincia come questa avrebbe tante cose da rivelarci sull’animo umano, sulla vita sociale, sui meccanismi del desiderio, della reputazione e della calunnia. Purtroppo, grazie ai social e alla nostra avidità di notizie pronte all’uso, di rivelazioni a getto continuo, ce la siamo giocata.

E’ ben noto che Piero Chiara fosse un gran frequentatore di tavolini dei caffè, in particolare di quel Caffè Clerici che ancora oggi apre i battenti accanto al porto vecchio di Luino. Attorno a quei tavolini raccoglieva, e nel contempo alimentava, le storie che poi poco a poco sarebbero finite nei suoi romanzi. Relazioni illecite, piccanti sortite milanesi e parigine, dettagli intimi di questa o di quella autorità.

Chiara, a differenza di quanto avvenuto a Bellano, non si avventava sui social per riferire in diretta di corna o di altri scandali, e non solo perché, ai suoi tempi, non disponeva né di Facebook né di Twitter. Sapeva bene come tutto quel materiale, per diventare un romanzo di successo e un’opera letteraria rivelatrice dei moti umani, avesse bisogno di macerare, di essere pensato, smontato e rimontato, levigato e raffinato. Col tempo, tracce di quelle storie di vita vissuta (o anche inventata a fini di calunnia) sarebbero finite nei suoi romanzi: ne “Il piatto piange” come ne “La spartizione”, nel “Pretore di Cuvio” e nella “Stanza del Vescovo”. Chiara cambiava i nomi, le conformazioni fisiche, a volte persino i luoghi geografici: a tutela di se stesso e anche di chi, involontariamente, gli aveva regalato l’idea e aveva fornito alla sua officina di letterato tentazioni, peccati, lacrime ed errori. Risultato: una collezione di tipi umani ampia abbastanza per abbracciare il mondo, una mappa della provincia italiana piccola nei confini fisici, infinita in quelli psicologici.

E lo stesso ha fatto Andrea Vitali con la “sua” Bellano, che non è quella pasticciata sui muri, ma quella che si trova nei suoi libri: non a caso, a commento della notizia, non ha ritenuto di dover scrivere neppure una riga. Non è detto insomma che gli ingredienti bastino a garantire la riuscita del piatto. Le scritte contro il maresciallo non sono neppure l’incipit di un romanzo: sono gli scarabocchi tristi di un’umanità che solo l’amore di uno scrittore, la sua ironia e la sua benevolenza, potrebbero trasformare in una storia che tutti leggeremmo per divertimento, ma anche nella consapevolezza che, in fondo, ci riguarda.

Ennio Flaiano diceva che il traffico aveva reso impossibile l’adulterio nelle ore di punta. Aggiungiamoci che, oggi, i social hanno reso impossibile farne un uso letterario. Che cosa ci rimane? Il piatto piange, ragazzi, ma per davvero.

 

 

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