Voglio essere estremamente sincero: non pensavo che, durante la settimana santa di Sanremo, mi sarei trovato a parlare di scandali nati al di fuori dell’Ariston. Quei casi dove tutto il popolo insorge e inizia a sciacquarsi la bocca con frasi fatte e termini esagerati, dando ai bacchettoni del web tutti gli strumenti per poter surfare nel mare dell’ipocrisia.
Ma, per mia fortuna, ho ricevuto un assist dalla Spagna, nella fattispecie da Maria Pilar León, per gli amici Mapi che, non a caso, di professione fa la calciatrice.
La ragazza classe ‘95, difensora del Barcellona, è finita nella bufera dopo il derby contro l’Espanyol. È il primo tempo: Mapi riceve una spallata da un’avversaria, Daniela Caracas, in una normalissima azione da gioco.
A quel punto, la León si avvicina alla collega rivale e gli appoggia una mano sulle parti intime, sussurrandole alcune parole che, secondo chi l’accusa, offenderebbero la femminilità della Caracas.
Questo il comunicato dell’Espanyol poco dopo: “Si tratta di un’azione che consideriamo inaccettabile e che non deve passare inosservata. Maria Pilar León, durante un “duello” di campo con la nostra calciatrice, Daniela Caracas, ha fatto un gesto che ha violato la sua intimità. E oltre a quanto accaduto in campo, c’è stata anche la spiacevole reazione sui social, dove la nostra calciatrice è stata bersaglio di insulti arrivati da centinaia di profili. Ed è per questa ragione che abbiamo messo a sua disposizione i servizi legali del club nel caso in cui volesse intraprendere un’azione legale”.
Insomma, il solito sermone gesuitico che tanto va di moda in questo secolo. Addirittura si parla di intimità violata. Per una carezza. Allora cosa dovrebbe dire quel poveretto di Pippo Inzaghi quando, nel 1997, ricevette senza troppi complimenti un dito in mezzo alle chiappe da Rachid Neqrouz, davanti a 67 mila spettatori?
Non ha mai urlato indignazione, anzi: ha sempre reagito con una risata. Lo stesso Neqrouz, ogni volta che gli chiedono di quell’accaduto, scoppia a ridere, giustificandosi di averlo fatto per allontanare Super Pippo dall’area di rigore, visto che era un pericolo per tutte le difese avversarie.
Un gesto infantile se vogliamo, a cui nessuno reagì con sgomento e risentimento. D’altronde, all’epoca, non andava di moda. Erano tempi genuini; la gente era vera, c’era più autoironia, ci si prendeva meno sul serio e, di conseguenza, c’era meno tensione e cattiveria nell’aria. Chiunque abbia frequentato un campo da calcio o uno spogliatoio, sa bene che tra atleti ci si stuzzica e ci si provoca, specie in fase di contrasto o marcatura. Non avete idea di quello che accade nei campi di prima, seconda e terza categoria.
La verità è che ormai nuotiamo nel ridicolo e la parola “molestia” è diventata come il prezzemolo, la si utilizza dappertutto e con una superficialità disarmante. Al punto che, quando si tratta di vera molestia, la gente la prende quasi alla leggera. Bel risultato.
Ridatemi i tempi in cui la Gazzetta dello Sport esordiva con il titolo ‘Inzaghi, il mito, Neqrouz, il dito’, perché di tutto questo finto moralismo ne ho piene le “parti intime”.