L’AZIENDA DAVVERO UMANA PAGA IL VOLONTARIO

di GHERARDO MAGRI – La bella storia dei giorni scorsi: un dipendente della “Ball Packaging Italia” di Nogara (Verona), autista volontario in Croce Rossa, chiede un’aspettiva all’azienda per potersi impegnare di più nel suo prezioso lavoro di volontario sulle ambulanze. Non solo gli rispondono sì, concedendogli l’aspettativa, ma non ci sarà nessuna sospensione dello stipendio. Ciò che conta ancora di più sono le parole del direttore delle risorse umane: “… Il difficile momento, che stiamo vivendo, ha reso particolarmente preziosa la sua attività di conducente di ambulanze e, come Ball, ci sentiamo orgogliosi di lui”.

Un bell’esempio di Azienda Umana, in cui si mettono in pratica, senza grande clamore, i valori che troppo spesso vengono solo strombazzati scopo marketing. L’azienda è americana, un grande gruppo per imballaggi metallici che conta oltre 21.000 dipendenti nel mondo e, curiosando nel suo profilo, sono ben scritti gli obiettivi fondamentali e la visione globale.

Succede sempre nelle società strutturate, fin qui niente di così innovativo. Qualcuno si spinge più in là, esplicitando le linee guida che non riguardano solo il business in sé, con dichiarazioni di intenti che includono la salvaguardia di interessi che non sono l’espressione dei soli azionisti. Lo si fa perché ci si crede o perché non se ne può fare a meno, magari in modo più cinico, visto che ormai è una vera esigenza di mercato.

Nella schiera di chi ci crede, è in gran spolvero la modalità di trasformarsi in una cosiddetta “società benefit”, oppure ottenere la certificazione B-Corp (B sta per benefit), un esame molto approfondito che valuta le tue capacità di esercitare una responsabilità ben più ampia del binomio profitto-azionisti. Se si intraprende una strada del genere è fondamentale che tutti siano convinti di poterlo fare: dal primo impiegato fino al capo che sta in cima all’organizzazione. Se non si ottiene un reale consenso, rimangono frasi retoriche e tronfie dichiarazioni. Ci vuole tempo, la fretta è il peggior nemico, perché il processo di piena consapevolezza è lungo e lo si può raggiungere soltanto affrontando i contenuti, discutendo i pro e contro, studiando e chiarendo bene cosa si vuole e cosa si può fare, sperimentando con i fatti se si è in grado e, soprattutto, avere coerenza e tenacia. Nelle grandi organizzazioni ci vuole anche un piano bello robusto per tenere vivo l’interesse e indirizzare le energie verso l’obiettivo.

Ma di sicuro, su questi argomenti qualitativi e comportamentali, senza le persone giuste non si va da nessuna parte. Non c’è documento o proclama che tenga. Se non si è creato l’ambiente adatto, educato il team, valorizzato le personalità necessarie e coltivato gli atteggiamenti che serviranno, è tutto inutile.

Credo che questo sia il caso della filale italiana della “Ball Packaging”, dove contano di più Stefano Ferro, il bravo autista di ambulanze, che ha il coraggio di andare a chiedere il permesso all’azienda per una nobile causa, e Enrico Bassi, il direttore del personale, che gli risponde così entusiasticamente da mettere in luce il valore etico di un dipendente: il volontariato, che in un sol colpo viene adottato dell’azienda.

Poche mosse, ma molto Umane, che ci fanno prendere una boccata d’ossigeno puro in un periodo in cui è facile farci demoralizzare dai tanti “furbetti del” in circolazione.

Non è nemmeno un caso isolato, lo garantisco, ricordiamoci che chi si comporta così lo fa in silenzio e fuori dai riflettori mediatici.

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