Che cosa ci insegna la vicenda di Karla Sofía Gasćon?
Che bisogna stare attenti a cosa si scrive sui social. Perché verba volant ma scripta (in rete) manent. Per sempre.
Piccolo riassunto per i marziani appena atterrati: Gasćon è la prima trans che potrebbe vincere un Oscar come migliore attrice protagonista per “Emilia Pérez”, film da 13 nomination ora al cinema.
Potrebbe, perché nelle ultime ore sono emersi vari suoi commenti contro Islam e Cinesi che hanno messo in cattiva luce l’attrice e in allarme l’Academy Award di Hollywood, da cui dipende l’assegnazione del premio più ambito da attori e registi.
Anche il regista Jacques Audiard prende le distanze da Gasćon, così come tutta la produzione e gli altri colleghi del cast.
Lei, Karla Sofía, si dice molto dispiaciuta, che no, non voleva dire quelle cose, che si tratta di vecchi commenti, risalenti a molti anni fa.
E qui veniamo al punto: siano passati due giorni o dieci anni, ciò che scriviamo e spariamo on-line, lì rimane e, nel momento del bisogno, ecco che i “nemici”, gli “avversari politici”, i “competitor” in qualsiasi gara di qualsivoglia ambito, si trasformano in perfetti segugi e trovano tutto per screditarti.
Intendiamoci, non assolvo affatto chi si produce in commenti discutibili e talvolta, diciamolo pure, odiosi, ma mi dispiace che stavolta una come la Gasćon, che potrebbe essere la prima trans a ricevere un Oscar, debba magari rinunciarvi per suoi comportamenti pregressi, per quanto condannabili.
Mi dispiace perché una sua vittoria sarebbe significativa, proprio a Hollywood, in America, in questo momento politico a guida Trump che, come tutti sanno, in fatto di generi sessuali, sa contare solo fino a due.
Non è ancora detta l’ultima parola, l’Academy non si è ancora pronunciata e può anche darsi che questo mio pensiero fra le righe non sia poi soltanto mio. Vedremo. Ad ogni modo credo che anche quest’ultimo elemento di visibilità non farà male al botteghino.
Io, però, di andare al cinema a vedere “Emilia Pérez” avevo già deciso.