L’ASILO MARIUCCIA DEI RIGORI

Improvviso, torna in scena l’oratorio. Calcio di rigore, lo tiro io. No tu no. Chi ha portato il pallone? Il parroco, allora calcia lui, da cui Viva il parroco!

Storielle del football contemporaneo, detto moderno. Lookman e Lucca gli eroi dagli undici metri, distanza fatidica, momento epico, un tiro a segno che può costare caro, Soriano Osvaldo ci ha scritto sopra una di quelle storie tipiche degli argentini, roba che piaceva al grande Gianni Minà e rigava il viso a Diego Armando o scatenava l’enfasi di Valdano.

Ma qui si tratta di vicenda da condominio nostrano. Tutto in una settimana. Prima un rigore sbagliato per l’Atalanta in Champions dal peggior rigorista dalle parti dell’allenatore di Grugliasco, un errore pesantissimo per le sorti europee della Dea, una crisi di identità per il talento nigeriano.

Poi accade a Lecce che un ragazzone di Moncalieri, Lucca Lorenzo, prenda spunto dai cori delle femministe dei bei tempi, dunque il pallone è mio e lo gestisco io, calcio di rigore, lui acchiappa la sfera di cuoio (ehm), la tiene stretta sotto il braccio, gli ronzano attorno i compagni di squadra, guarda che tocca a Thauvin, i rigorista, niente, boia chi molla, Lucca non molla di un centimetro, provano a togliergli il giocattolo, Lorenzo è alto un tot e pieno di spigoli, desistono, lui sistema l’attrezzo, calcia, gol, ma nessuno se lo fila al punto che il tedesco in panchina lo richiama, per il moccioso fine della partita (così si fa, senza altro aggiungere, come si usa a conclusione di lettera aziendale).

Totale, perché non provate con la conta come i bambini all’asilo, l’arbitro fischia il rigore e parte un bel pimpiripettenuse.Pubblicità

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