L’APOCALISSE 2020 COSI’ PER GIOCO

di MARIO SCHIANI – Non ne aveste abbastanza di averlo vissuto (e di sopravvivergli: a proposito, congratulazioni), adesso con il 2020 potete anche giocarci. Forse è a causa della diffusa idea fissa che la realtà non è abbastanza reale se non trova subito, in tutti i suoi aspetti, anche una forma digitale, oppure il tentativo di esorcizzare un anno che ci ha fatto vedere i sorci verdi, in ogni caso ora disponiamo di “2020 Game”, un videogioco “messo a punto in sei mesi” (ovvero, a pensarci, quando l’anno funesto aveva commesso appena la metà dei suoi delitti) dallo sviluppatore americano Max Garkavyy, con la doppia “y” finale perché così trend e nonsense lessicale impongono.

Come ogni videogioco che si rispetti, anche “Game 2020” propone una serie di livelli, in ognuno dei quali il giocatore deve confrontarsi con una delle “tendenze”, così vengono chiamate, che hanno definito l’anno passato. Quali tendenze? Gli incendi in Australia, il Covid-19 (declinato in due fasi: quarantena e vaccino), le riunioni su Zoom, l’ascesa di TikTok e il duello elettorale Trump-Biden. In questi capitoli, secondo Garkavyy, sta in sintesi tutto il 2020, o almeno la dose che gli serve per tradurlo nel mondo fintamente tridimensionale dei videogiochi.

A noi, per la verità, l’anno in questione è sembrato un poco più articolato e sconnesso. Oltre ad aver trascurato eventi epocali come, per esempio, il ritorno in grande stile di @ltroPensiero.net, lo sviluppatore ha ridotto una parte significativa delle nostre vite a un percorso a ostacoli accompagnato da una sciocca musichetta, trasformandoci in tanti piccoli SuperMario che saltano qua e là, compresi nel solo intento di sopravvivere fino al prossimo livello. E se questa, per certi aspetti, sembra una metafora precisa delle nostre esistenze, non dimentichiamoci che la sfida più impegnativa imposta dal 2020 è stata quella di vincere giorno per giorno la paura, la confusione, la rabbia, la frustrazione e qualche volta perfino la noia. Tutta roba di nostra produzione interna artigianale, senza la quale non possiamo vivere, ma con la quale è difficile convivere.

Il programmatore certo non poteva mettere nel software anche le nostre emozioni, né aveva intenzione di farlo: unico suo obiettivo, produrre un gioco per fare un po’ di soldi. Non so se ci riuscirà, vedremo.

Per il sottoscritto, il 2020 rappresenta un passato (e un presente) ancora troppo scottante per farne un gioco. E’ vero: i bambini riescono a giocare con tutto, prendendo spunto da ciò che accade in quel momento sotto i loro occhi. Ma la grazia e la profondità di quel tipo di gioco si raggiungono solo appena nati, oppure in virtù di una consumatissima e anziana saggezza.

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