LADY BALLATOIO

di JOHNNY RONCALLI – Elisa Di Francisca scaglia dardi polemici nei confronti della squadra di fioretto femminile, colpevole di aver perso malamente una semifinale con la Francia che pareva avere già in tasca.

Siparietto personale: mi dicono, al telefono, che la nazionale di fioretto sta vincendo 28-18 in semifinale. Sfrontato, affermo che la finale è ormai cosa fatta, saluto e so che sarà argento oppure oro. Invece, scopro un’ora dopo, al massimo sarà bronzo e io sarò gufo da qui all’eternità.

Elisa Di Francisca (NELLA FOTO), armata di veleno, ruggine e altri ossidi più o meno noti, ne ha per tutti, per la ex compagna di squadra Errigo e per l’attuale commissario tecnico Cipressa in particolare.

In tempo reale sancisce quello che non avrebbe dovuto e quello che dovrebbe essere, secondo lei: la ex compagna di squadra non è all’altezza nelle occasioni che contano, l’attuale commissario tecnico non è all’altezza, punto. Questo dice.

In tempo altrettanto reale le risponde Julio Velasco, che si dice “disgustato” dai contenuti, dai toni, dai modi, dai tempi, dagli spazi delle dichiarazioni della ex fiorettista. Ex, sempre che non decida altrimenti.

In tempo irreale commento io, signor nessuno, ma allineato dalla prima all’ultima sillaba con il signor Velasco, il quale, signore vero, non si limita a una critica diretta alla vedette Di Francisca, ma imbastisce una critica di sistema che gli fa oltremodo onore.

Il pretesto e la giustificazione di dire sempre e comunque come uno la pensa non giustifica in realtà la Di Francisca, dice Velasco. Esiste un filtro, una coscienza che dovrebbe imporre una misura. E’ il momento giusto? Sto dicendo cose oggettive? Quanto il mio coinvolgimento condiziona le mie parole? Quanto i miei attriti con il ct e la Errigo stanno condizionando quello che sto dicendo? Quanto è opportuno in questo momento e quanto è opportuno detto da me in questo momento? Traduco, spero in modo ragionevole, le esternazioni di Velasco.

Insomma, la presunzione che dire quello che uno pensa sia sempre e comunque giusto e inevitabile, un pregio invidiabile, come se non fosse invece ragionevole e sensato calare le proprie affermazioni in un tempo e in uno spazio opportuni. Opportuni come dovrebbero essere anche i modi.

La dimensione social a questo ci ha abituati, no? In tempo reale si sputano sentenze senza giudizio critico e senza filtro alcuno, si sputa quel che passa per la mente, insolenze, irriverenze e più spesso cretinate delle quali ci si pente e per le quali ci si scusa pochi minuti dopo, dissociandosi dall’autore: scusate, non ero in me quando ho scritto quella cosa, non intendevo dire quello. Siamo in piena classicità ormai. La Di Francisca non si pentirà, è il suo pensiero, non una cretinata, ma.

Già, ma. Per tutto questo bailamme, in realtà la parola che più di tutte rimbalza nella mia testa è eleganza. Quella e il suo contrario, ineleganza. La scherma è uno sport che per molti versi richiama un’arcaica idea di eleganza, per cavalleria, gestualità, postura, la Di Francisca è una persona che in questa occasione ha richiamato il suo esatto contrario, l’ineleganza.

La signora Di Francisca, che una certa inclinazione al divismo ce l’ha e che ha praticato e forse ancora pratica uno sport che dovrebbe fare dell’eleganza uno dei principali requisiti, forse dimentica che ancor prima dell’eleganza del gesto e dell’atto sportivo c’è un’eleganza dell’animo e dello spirito. Al di là di quello che uno pensa, esiste una convenienza, un rispetto relativi al dire, al non dire, ai tempi .

La signora Di Francisca non c’è alle Olimpiadi di Tokyo, per scelta, per deposizione delle armi, per attrito, per maternità, per qualunque cosa sia, ma la sua astiosa e ipertempestiva critica suona così sgradevole, impietosa e soprattutto così carica di veleno, di ruggine.

E ricordo che non è la disamina di un distaccato cronista, bensì il commento di una compagna di viaggio, in qualche modo, di una senior dalla quale, in qualche modo, ti aspetteresti un abbraccio e comprensione.

L’eleganza, già. Dire, non dire, quando dire, come dire, se dire, alcune delle dotazioni che contraddistinguono la qualità che il vocabolario definisce “raffinatezza o convenienza non facilmente raggiungibile né imitabile”.

No, non facilmente raggiungibile né imitabile, nemmeno con l’oro olimpico al collo.

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