Però c’è un però. Però c’è questo risultato eclatante di un intero Paese, inteso non come entità astratta, ma come insieme di tante famiglie, tanti borghi, tante città, che a poche ore di una nuova paralisi non sa nulla di quel che gli accadrà. Cosa potrà fare e cosa non potrà fare.
Personalmente, nel mio giro quotidiano, non ho fatto altro che raccattare le parole disperate di nonne smarrite come bambine e di commercianti allo sbando, ci si vede domani, e chi lo sa, non so niente, stamattina mi sono attaccato al televisore per sapere qualcosa in più e quelli continuavano a raccontare le elezioni americane, che tra parentesi non hanno eletto nessuno.
Questi italiani, nel mio piccolo, ho incontrato io. Ignari, disorientati, impauriti. E questo lascia concludere amaramente che qualunque decisione venga presa, resta vergognoso il modo. Loro a Roma si richiudono per giorni nei loro uffici, trattano con sindaci e regioni, litigano tra ministro e ministro, ma evidentemente non si rendono conto che l’Italia è anche altro, è gente là fuori che non sa da quale parte girarsi, perchè nessuno ha mai pensato di dirlo in modo chiaro, tempestivo, ufficiale. Si va al lockdowan per sentito dire, cliccando per fake-news, sperando nello Spirito Santo.
Sia zona rossa, gialla o verde, sia parrucchiera o barista, nonna o nipote, è un’Italia che non capisce. Che considera questa tiritera intollerabile. Ed è per questo che qualunque mossa, anche la più utile e necessaria, finirà all’atto pratico per rendere tutto più pesante e doloroso. Prima ancora di richiuderci, siamo già esasperati.Con tanti complimenti a chi ci ha preparati in questo modo.
Si dice sempre che comunque, tra mugugni e piazzate, alla fine gli italiani i sacrifici sappiano accettarli. Però chiedono che i sacrifici siano imposti con poche indicazioni, chiare e tempestive.
Niente, neppure stavolta. Poi dice che esplode la rabbia sociale. E’ il minimo.