LA VERA EREDITA’ CHE NON RACCOGLIAMO DAI NOSTRI NONNI

Mio nonno è morto nel 1971, io avevo allora 12 anni. Fu la prima morte che ho incontrato. Più forte finanche del dolore comparve in me lo stupore. Sino ad allora in famiglia c’erano già state malattie, operazioni chirurgiche, problemi, ma poi tutto si sistemava. Quella volta, invece, non vi fu lieto fine, ma accadde per la prima volta qualcosa di definitivo e immodificabile. Quell’evento ha rappresentato per me un primo spartiacque, cambiando la visione della vita che avevo da bambino, ottimistica e un po’ ingenua, confidante sempre nell’intervento provvidenziale di qualcuno, anche all’ultimo minuto.

Parlo di mio nonno perché mi è tornato in mente che, pensionato, amava ricopiare in un quadernetto aforismi, frasi celebri, pensieri che leggeva su quotidiani e riviste. Ne aveva riempiti diversi. Ricordo pure la sua calligrafia, minuziosa e precisa, figlia di un tempo passato. Rammento che da ragazzino mi sembrava stupida e priva di senso quest’attività di ricopiare parole già scritte da altri, e non ne capivo l’impegno giornaliero. Alla sua morte i quaderni, eredità affettiva senza valore materiale, furono custoditi da mia madre e poi credo che li abbia ricevuti io. Ma, tra un trasloco e l’altro, non saprei proprio dove cercarli, né ci penso mai.

Non so dire cosa oggi mi abbia fatto ricordare nonno Alberto e le sue pagine copiate. So solo che ora mi piacerebbe molto rileggerle. Forse, in quei quaderni, c’è il concentrato di tutta la saggezza di una vita. Un sunto e un lascito per lettori distratti.

Un pensiero su “LA VERA EREDITA’ CHE NON RACCOGLIAMO DAI NOSTRI NONNI

  1. Olimpia dice:

    Commovente, emozionante e ricca di sollecitazioni questa riflessione. Scrivere aforismi, copiarli su quaderni è un’attività che io definisco terapeutica. Le parole feriscono, le parole uccidono, le parole guariscono. Tuo nonno era un saggio.

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