LA TRASGRESSIONE SPOMPATA DEI MANESKIN

Io a questo punto pretendo il morto, lo esigo anzi. Se cliché deve essere, il rock esige che prima o poi ci sia un morto, da lì passa la strada per l’immortalità, dal morto. E pazienza la contraddizione.

Parlo dei Maneskin e della loro cavalcata irrefrenabile attraverso tutti i luoghi comuni della presunta trasgressione rock. Abbiamo avuto le giarrettiere maschili, il vestiario glam e trans, la sniffata vedo non vedo, il seno altrettanto vedo non vedo della bassista (altro cliché tra l’altro, la bassista non il seno nudo), le provocazioni linguacciute, lo schiavismo feticista e tutto il resto, ora arriva pure la distruzione sul palco della strumentazione.

Ora che se lo possono permettere, perdoneranno ma questo è il primo pensiero. Avviene negli Stati Uniti d’Amerika, a Las Vegas, e fatto lì è molto più ficcante, vuoi mettere? Distruggere la chitarra e tutto il resto in pieno concerto: l’han già fatto gli Who, quasi sessanta anni fa, alla faccia della contemporaneità e dell’essere al passo coi tempi, ma capisco, loro seguono le orme di tutti quelli che li hanno preceduti e di tutti gli stereotipi possibili.

Tu pensane una che qualche stella del rock abbia combinato e vedrai che prima o poi loro ne daranno la loro impersonalissima interpretazione, vale per le trovate coreografiche, per le provocazioni, come per le musiche, ma fosse solo per queste ultime sarebbe il meno peggio.

Fatto sta che ora siamo giunti alla puntata della devastazione degli strumenti e fatto sta che ora io mi aspetto e pretendo il morto, come da copione. C’è solo l’imbarazzo della scelta: overdose, soffocati dal proprio vomito a seguito di coma etilico, lanciarsi con la macchina (non una macchina qualunque naturalmente) in una piscina, impiccarsi o spararsi un colpo alla tempia, lanciarsi a mille all’ora nel vuoto, eventualmente farsi sparare da un fan una volta usciti dall’albergo.

I precedenti sono tanti, c’è davvero l’imbarazzo della scelta, ma io me lo aspetto, se vuoi entrare nella storia e diventare una leggenda è quasi un passaggio obbligato. Soprattutto se sei un imitatore.

Benvenuti allo show, signore e signori, fate pure una richiesta, chiedete e vi sarà dato, purché sia trasgressivo e purché l’abbia già fatto qualcun altro. E anche qui pazienza la contraddizione.

Quel che conta è non essere sé stessi, sempre, e che lo spettacolo, morto o non morto, prosegua spedito. Sulle onde del successo, sull’onda degli incassi.

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