LA TRAGEDIA ITALIANA: ABBASSARE L’ASTICELLA PER SEMBRARE TUTTI MIGLIORI

Chissà da dove ha origine la disastrosa idea di abbassare il livello di votazione minima agli esami d’ammissione a medicina, com’è appena successo (34 contro i 38 del 2021), perché i medici sono troppo pochi? E’ un criterio demenziale. E temo sia figlio di una concezione della vita, o Weltanschauung, ancor più demenziale, che origina dall’idea che tutti possiamo fare qualunque cosa: ovvero che i limiti, fisici come cognitivi, che madre natura ha imposto ad ognuno di noi siano, di riffa o di raffa, aggirabili, quando non allegramente ignorabili. Di lì hanno origine alcuni dissesti filosofici, tipo quello del diritto per un uomo di partorire: roba da Monty Phyton, insomma. Solo che qui non siamo sul set di “Brian di Nazareth”: purtroppo, siamo nella vita vera, dove fare carne di porco della realtà è prassi che può costare cara.

In Italia, questa pittoresca visione del mondo parte da lontano. Quando, decenni addietro, ci informarono del fatto che gli Italiani laureati e diplomati erano pochi, rispetto, chessò, alla Finlandia o alla Svizzera, qualcuno, da qualche parte, si deve essere detto: e che ci vuole? Basta rendere molto più facile diplomarsi o laurearsi e vedrete che le statistiche ci daranno ragione.

Lo so, è un ragionamento pietoso: tuttavia, che ci crediate o no, è proprio così che è andata. Si è cominciato ad applicare un escamotage che si chiama “didattica per obbiettivi”, a base di crediti e debiti, di ripescaggi e recuperi, per fare in modo che chiunque affrontasse un percorso scolastico, prima o poi, lo concludesse: lotta alla dispersione scolastica, l’hanno chiamata, con involontario umorismo.

Perché ciò che si è disperso, con questo bel sistema, è stata la trasmissione dei saperi: in altre parole, il ruolo stesso della scuola. Se si vuole che uno studente diventi un professionista, bisogna educarlo alla fatica e alla difficoltà, non alla pacchia e alla facilità: altrimenti, produci vitelloni, non luminari. Prova ne sia che, dopo l’introduzione di questi bei criteri, dalle scuole e dalle università italiane hanno cominciato ad uscire legioni di diplomati e laureati beatamente incapaci e del tutto inadeguati alla bisogna. Numerosi, certo, ma anche sostanzialmente inutili al Paese: geometri che non sanno tirare una riga, avvocati che ignorano codici e pandette e, dulcis in fundo, medici che non distinguono una cistifellea da una appendice.

Insomma, se tu abbassi i livelli, faciliti, semplifichi, cose che di per sé sono complesse e difficili, otterrai di sicuro un incremento dei numeri: solo che sarà un incremento di zeri. E, poi, questi zeri finiranno nei tribunali e negli ospedali: diventeranno il tuo avvocato o il tuo medico. E sarai tu a pagare le conseguenze di questo scadimento spaventoso dei contenuti: di questa devastazione culturale e tecnica. Tu, mica quelli che hanno votato queste idiozie, che le hanno proposte, approvate, codificate: loro mandano i pargoli alla scuola svizzera o alla Bocconi. Posti in cui del numero dei promossi non importa a nessuno. Intanto per il costo proibitivo delle rette, che limita alla sorgente il numero di utenti. E, poi, perché lì non si sognano nemmeno di abbassare i livelli per fare numero: anzi, è proprio il livello elevato, ovvero la difficoltà, a rendere certi atenei, o certe scuole, esclusivi ed ambiti. E la forbice tra poveracci e benestanti si allarga, anziché restringersi. Altro che democrazia.

E, allora, come la mettiamo? Davvero siamo disposti a rinunciare alla qualità per la quantità? E’ una cosa che si può fare per certe attività, diciamo così, meccaniche: i forestali siciliani, per dirne una, senza offesa per nessuno. Ma coi medici è un’altra cosa: mettere sul mercato del lavoro dei potenziali macellai è una cosa che mette i brividi. E che qualcuno lo ritenga una soluzione per la carenza di medici mette ancora più i brividi, perché vuol dire che siamo governati da dei pazzi.

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