Arian è scomparso, si è allontanato da casa ed è scomparso, ormai da più di dieci giorni.
Arian è un bambino autistico di sei anni e vive in Germania, a Bremervörde nella Bassa Sassonia, non lontano da Amburgo. Alcune telecamere lo inquadrano mentre si allontana lunedì 22 aprile, poi il vuoto. Arian non parla, non risponde quando lo si chiama per nome, una comunità intera e squadre specializzate sulle sue tracce, trovate qui e là lungo il fiume all’inizio, poi niente più. Cerchi concentrici di persone che si allargano ma non trovano nulla.
In questi giorni le hanno provate tutte, orsacchiotti, merendine, palloncini, la voce registrata della mamma, i fuochi d’artificio che pare gli piacciano. Niente. Annunci, volantini, un gruppo di esperti in autismo che suggerisce ricerche silenziose, di notte, con luci e torce speciali. Niente.
Droni, aerei, veicoli anfibi a setacciare boschi e campagne, niente. Il freddo lassù è ancora intenso, le speranze ormai un filo che sta per spezzarsi, al punto che le ricerche su vasta scala ormai sono state interrotte. Rimangono in campo solo cinque persone incaricate, che seguiranno solo piste specifiche.
Arriverà la primavera anche a Bremervörde, ma non in quella casa e come in tutte le case dove rimane la scia di una simile tragedia.
Nel 2018 la piccola Iuschra si allontanava dal gruppo col quale era in gita, nei boschi vicino a Serle, nel bresciano, e di lei non si ebbero più notizie. Anche in quel caso, come in molti altri, le ricerche non portarono a nulla. Di Iuschra più nessuna traccia, fino a due anni dopo, quando un cacciatore ritrovò resti ossei che stesero definitivamente le tenebre sulla storia della bambina.
Si parla da tempo di braccialetti e microchip con segnale GPS, da dare alle famiglie per poter localizzare i piccoli in caso di allontanamento, di scomparsa, e detto ora ovviamente pare il senno di poi. Però, forse potrebbe essere davvero una dotazione da fornire automaticamente alle famiglie con bambini a rischio, potrebbe salvare vite, famiglie.
Alcuni bambini, alcune persone autistiche hanno con sé tesserini e braccialetti con le generalità e i riferimenti per contattare i familiari in caso di emergenza, perché le persone autistiche a volte non parlano, a volte non rispondono in modo coerente alle domande e anche se parlano, a volte in situazione di stress non sono in condizione di essere collaborative. Ma qui, in casi come quello di Arian e di Iuschra, serve qualcosa di più e di diverso, anche se si pensa che siano eccezioni, casi isolati: non lo sono. Chiunque viva e lavori a fianco di persone autistiche potrà raccontare storie drammatiche affini e anche i sospiri di sollievo per lo più, certo. Ma possiamo, con un piccolo sforzo, provare a scongiurare il peggio.
Anche questo è autismo, al di là dell’orgoglio, dei nastri azzurri e della pompa magna che una volta all’anno gli viene riservata. Uno schioccar di dita e una vita volatilizzata, anzi tre. Una famiglia già messa alla prova dal destino e improvvisamente polverizzata, dalla perdita, dal senso di colpa, da tutto.
Ancora un filo di speranza lo conservo, piccolo Arian, ma forse è solo illusione, fantasia. E rabbia.