LA SVISTA MARE DI TRUMP

Fosse appena un poco meno egocentrico, Donald Trump dovrebbe spedire ogni giorno al suo arci-nemico Joe Biden una bottiglia di quello buono. La sconfitta alle elezioni presidenziali (o il furto delle medesime, come preferisce dire lui) è stato il più gran regalo al quale potesse aspirare. Oggi Donald si trova in una posizione di assoluto privilegio: può continuare a spararle grosse senza il fastidio di dover dimostrare alcunché, ovvero senza che qualche noioso venga a chiedergli di mantenere le promesse e il solito pignolo pretenda di confutare i suoi verdetti in fatto di scienza.

Uno dei quali, pronunciato durante un raduno in Alaska, al fianco di Sarah Palin e sotto l’insegna del nuovo slogan “Save America”, ha per la verità fatto il giro del mondo: “Non c’è da preoccuparsi per il clima – ha detto -, nel peggiore dei casi se gli oceani si alzeranno avremo più proprietà con vista mare”. Senza contare, aggiungiamo noi, tutti quegli appartamenti che per miracolo si ritroveranno con piscina naturale incorporata: per passare dal salotto alla camera dal letto basteranno bombole e boccaglio.

Donald si trova ora all’opposizione, ovvero a rivestire un ruolo che i soliti pedanti delle regole democratiche vorrebbero di critica e stimolo. Naturalmente, oggi come oggi tutti i classici ruoli della commedia democratica sono stati rivisti in chiave moderna, un po’ come fanno quei registi di lirica che mettono in scena “Aida” sul ponte dell’Enterprise di Star Trek. Chi governa, per esempio, non ha più la responsabilità di quel che fa, come usava ai tempi della nonna, ma, procedendo per decreti, comunicati stampa e tweet, crea una sua realtà immaginata con un’infallibile valvola di sicurezza: dare la colpa dei propri fallimenti ai predecessori. Quanti stanno all’opposizione, da parte loro, si divertono da pazzi: criticano, promettono, sghignazzano, spernacchiano e hanno ancora tempo per un cocktail e una serata in terrazza.

Nessuno, in questo, è meglio di Donald: dopo aver sistemato la crisi climatica con una battuta da fantasioso immobiliarista, ha proceduto a dirci come sarebbe il mondo se lui, e non Biden, avesse vinto le elezioni. Ebbene, forse con la sola eccezione della pavimentazione in oro delle strade, un autentico paradiso: “L’America non avrebbe lasciato l’Afghanistan in quel modo disastroso, perdendo materiale militare per miliardi di dollari, e non ci sarebbe stata l’invasione russa dell’Ucraina”.

Per fortuna, Trump ha annunciato l’intenzione di candidarsi alle presidenziali del 2024, cosicché, in caso di vittoria, molte meraviglie per ora solo ipotizzate potranno diventare realtà: “Con me alla Casa Bianca faremo pagare alla Cina la diffusione del Covid, riporteremo legge e ordine nelle città governate dai democratici, fermeremo la diffusione del tema transgender nelle scuole, insegneremo nelle classi il patriottismo e il rispetto della bandiera”, probabilmente prendendo spunto, per quanto riguarda l’ultima iniziativa, dal rispetto e dal patriottismo dimostrato dallo stesso Donald in occasione dell’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021. Infine, con una postilla che ad alcuni osservatori è sembrata configurare un sospetto di plagiarismo, l’ex presidente ha assicurato che sarà tre volte Natale e festa tutto l’anno. Anche i preti potranno sposarsi, ma soltanto a una certa età.

Nell’attesa, non possiamo che constatare come la triste battuta di Donald Trump sul clima sia, ancora una volta, la facile ritirata verso l’ignavia alla quale è costretto chi, come lui, ha impostato l’esistenza politica sui temi del recinto, dell’isolamento, del bastare a se stessi. Poiché il cambiamento climatico può essere affrontato, per quel che può essere affrontato, solo attraverso la cooperazione internazionale, non c’è altra strada che negarlo, cancellarlo e denunciarlo come fantasia sulla quale è lecito, perfino doveroso, ironizzare. Trump, in fondo, farebbe meglio ad augurarsi di perdere ancora: solo così avrà licenza di scherzare col fuoco e con l’acqua senza pagarne le conseguenze. A meno che, nel 2024, la sua favolosa residenza di Mar-a-lago non sia diventata Mar-sotto-il-lago.

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