LA SVALVOLATA CHE PRETENDE I DIRITTI DI MADRE PER TENERE IL CANE

Gli animali, nel corso dei decenni, hanno assunto all’interno della società un valore affettivo e sentimentale molto forte. Frutto soprattutto della loro empatia e fedeltà, nonché per il loro amore smisurato e incondizionato verso l’uomo.

Sono tante le famiglie che non rinunciano ad avere un cane o un gatto all’interno del proprio nucleo. Sia nei casi in cui s’intende allargare la famiglia, sia in quei casi dove si sente l’esigenza di colmare pesanti e tristi momenti di solitudine. Ma c’è chi, a causa di questo amore platonico verso gli amici a quattro zampe, ha perso decisamente di vista la realtà, sfociando nella follia.

É il caso di Mary Madigan, giornalista australiana che, attraverso un articolo pubblicato sul quotidiano news.com.au, dichiara:

“Sono la mamma di un cane e voglio la stessa flessibilità e la stessa comprensione delle mamme di bambini”. Poi aggiunge: “Guardo con molta invidia alle mamme che possono andarsene prima dal lavoro, aggiustarsi i turni o lavorare più spesso da casa. Dovremmo chiedere simili misure di sostegno per le mamme di animali domestici”.

Il suo amore per Frank Sinatra (così ha chiamato il suo cucciolo) è ammirevole, ma sembra più interessata allo smart working che al suo benessere da “mamma”. Come se volesse approfittare della presenza di baby Sinatra per godere di alcuni privilegi. Che poi, in tutta onestà, non mi risulta che le madri di bambini abbiano tutti questi diritti. Anzi. Quando le scuole sono chiuse, mettono mano al portafoglio e piazzano dentro casa una babysitter. Durante la pandemia, gli unici ad avere diritto di uscire per una passeggiata erano i possessori di cani. Giusto per fare un esempio. Mettere un animale domestico sullo stesso livello di un figlio, pretendendo stessi diritti e doveri, é come minimo da visita psichiatrica.

Sia chiaro, è persino triste doverlo sempre specificare, ma d’altra parte con le Michele Brambille in giro anche da noi ormi è un dovere dichiararsi: anch’io amo gli animali, la loro dolcezza, la loro comicità, ma questa ossessione nel trasformarli in esseri umani a tutti i costi sta sfuggendo di mano. Bisogna avere rispetto e trattarli con amore, sì, ma secondo la loro vera natura, non vestirli tipo bambole e portarli a spasso a bordo di passeggini.

La Madigan va ancora più avanti e parla di stessi diritti: quindi che dovremmo fare? Tenere i nostri figli al guinzaglio e portare in braccio i nostri animali domestici? Oppure iniziare a chiedere gli assegni familiari per Fuffy e Bobby o iscriverli all’asilo?

D’altra parte, pretendere dei diritti sembra stia diventando ormai una moda. Ho visto tanti ubriaconi chiamare “ragazzo” o “figlio” il proprio fiasco. Sono legittimati a richiedere dei diritti per il loro bourbon invecchiato dieci anni? Questi animalisti si sono mai chiesti se agli animali piace essere umanizzati? Perché noto con un certo rammarico che molti li considerano dei giocattoli da truccare e vestire a piacimento, come la Barbie o il Big Jim. In quel caso, di quali diritti parliamo?

Comprendo magari la difficoltà o l’impossibilità di una famiglia ad avere figli, sentendo dunque l’esigenza di riversare amore verso il proprio cucciolo domestico. Ma amare significa anche rispettare i limiti e non cercare di oltrepassarli per scopi personali. Un animale non sarà mai impegnativo quanto un bambino, non deve esserlo. Solo quando si sarà raggiunto un livello di civiltà tale da considerare davvero chi accudisce figli come una risorsa della società, potremmo anche pensare di prestare orecchio ai tipi come la Madigan. Sempre che tutto questo abbia davvero un senso. Perché essere mamme e giocare a fare le mamme non è proprio la stessa cosa.

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