di CRISTIANO GATTI – E adesso che le inchieste nelle case di riposo stanno arrivando al numero tondo di cinquanta, in tutta Italia, dalla Puglia al Piemonte, sembrerebbe proprio il momento giusto di alzare le mani, arrendersi e concludere che in fondo nello sterminio degli anziani c’è qualcosa di inevitabile e ineluttabile, considerando quanto è estesa la palude. Ciascuno magari ne risponderà a livello personale, chissà quando, ma è chiaro che il metodo appare generale e scontato, applicato ovunque.
Eppure, proprio nell’epicentro dell’inquietante strage generazionale, in Lombardia, è possibile trovare una storia che cambia tutto, spazzando via la rassegnazione. Completamente diversa dalle altre, tutto l’opposto. Che sconvolge e che rassicura. In fondo, è la storia più bella di questi due mesi, per quanto mi riguarda la storia perfetta.
In molti l’hanno già orecchiata, perchè se n’è parlato, ma tutto sommato un po’ di striscio, come dato di cronaca, come eccezione curiosa e singolare, senza la dovuta profondità e la consolante ammirazione.
E’ la storia successa nella casa per anziani Domus Patrizia, a Milano. Qui ci sono 84 ospiti. Con zero contagi. Un autentico miracolo. Ma ci sono miracoli che cascano dal cielo e miracoli che si fabbricano con tanta fatica sulla terra. Spiega la responsabile Manuela Massarotti, una giovane donna dalle idee molto chiare e dal carattere fermo: “In questa struttura si vive isolati già dal primo caso di Covid-19 a Codogno. Dal 21 febbraio. Nonostante l’insistenza da parte di ospedali e altre strutture, abbiamo sempre rifiutato di prendere pazienti Covid positivi, per evitare che il virus dilagasse nella nostra struttura. Sedici operatori hanno deciso volontariamente di restare dentro per tutto questo tempo. L’autoisolamento terminerà il 4 maggio, organizzeremo un’apertura lenta, per non vanificare tutto in pochi minuti”.
Ciò che lei signorilmente non dice nelle interviste, o dice vagamente, senza astio e acredine, è che all’inizio della blindatura s’è trovata accerchiata dalle autorità in cerca di posti, nonchè dagli stessi parenti, i quali proprio rifiutavano l’idea di non vedere i loro anziani. Sono partite proteste e pure qualche insulto.
Ma lei, niente. Lei, ferma. Ed è in questo punto preciso che la storia diventa perfetta, da raccontare ai nostri figli e ai nostri nipoti, persino dentro le scuole, ma anche su tutti i social e su tutti i profili personali, condividendola all’infinito: è la storia inusuale e sublime dell’Italia che vorremmo. Dell’Italia che servirebbe.
Questa giovane direttrice brilla di una luce particolare, perchè vive e lavora nel Paese dello scaricabarile e dell’ignavia, dove siamo tutti bravi a prenderci i meriti degli altri e a scaricare le colpe nostre, dove si vuole solo piacere e compiacere, dove si scantona l’impopolare e si decide sempre per prendere il comodo applauso, dove non si riesce mai a capire chi davvero abbia preso una decisione, all’insegna di un generale e autoassolutorio così fa tutti, cosa posso farci io. Dove vale sempre e comunque un articolo uno costituzionale: chi me lo fa fare.
Proprio in questa cornice, abbiamo davanti il caso impazzito, l’esempio ideale: nel clima generale di gente che non sapeva o non voleva fare, la direttrice non ci ha pensato due volte. Subitissimo, al primo istante, ha messo davanti il rispetto e la cura per i suoi anziani, senza ascoltare più nessuno. Ha scelto, ha deciso: questa la sua rivoluzione. Prendendosi critiche e insulti, al massimo livello di impopolarità, ma non si è piegata di un millimetro. Inutile dire che adesso, neppure tre mesi dopo, ha la fila di fuori dei parenti in festa e degli intervistatori microfonati, persino dei politici ammirati.
Non ho molto da aggiungere. In questo periodo particolare abbiamo nominato eroi, legittimamente, molte persone e molte categorie. Per quanto mi riguarda, questa direttrice ci sta benissimo, anche sui gradini più alti, perchè rispetto a medici e infermieri, poliziotti e volontari, che hanno esercitato alla grande il loro ruolo naturale, lei ha dovuto anche battere testate contro il muro del conformismo all’italiana, che ti ricopre di pomodori se ti assumi i tuoi rischi e comunque prendi una decisione. Contro la deriva comoda e facile. Contro l’andazzo generale, che imbottiva le Rsa di contagiati.
Io non sono Mattarella e non posso dare medaglie a nessuno. Ma posso parlarne a tutti, di questa storia e di questa persona. Di questi modi poco italiani, nel senso che sappiamo, ma molto italiani nel senso che vorremmo, chissà mai, un bel giorno, quando l’orgoglio delle bandiere sui balconi si trasformerà in responsabilità diffusa, ciascuno nel proprio ruolo. Quando non conterà il consenso, ma fare la cosa giusta. Godendosi poi davanti allo specchio, la sera, in solitudine, l’impareggiabile piacere che la cosa giusta rilascia dentro la coscienza.
La cosa giusta, la cosa giusta. In Israele hanno aperto da tanti anni il grande Giardino dei Giusti, dove si pianta un albero per ogni essere umano che lascia un segno sulla terra. Noi non l’abbiamo, finora abbiamo aperto altri giardini, Aquafan e cose simili, ma quant’è vero Iddio la storia della Domus Patrizia deve avere comunque un posto riservato, di prima classe, almeno nella considerazione generale del popolo italiano. Nell’idea che dobbiamo cullare di Italia futura.
Lì dentro, in quella casa di riposo, davvero possono dire andrà tutto bene. Perchè qualcuno ci ha messo del suo, rischiando in proprio, per farlo andare bene.
Se proprio devo andare…andrò lì.
Spesso, ai nostri “decisori” manca l’umiltà di imparare dalle esperienze positive delle quali è pieno il mondo, per qualsiasi attività ed argomento…
Anch’io andrò lì se un giorno potrò permettermelo…brava bravi tutti .anche i portieri.
In questo momento..aldilà di ciò che leggo..sono profondamente motivata nel dire a conferma di Tutto che a partire dalla Direttrice e tutti gli operatori ..portieri ecc..ognuno è stato ed è un “Guerriero di Luce”!Luce che porta amorevolmente il bene delle persone in questo cammino di vita.Grazie