LA SPAVENTOSA GRAMMATICA DA VAR DELLE TELECRONACHE

Ci risiamo con le telecronache. Ci risiamo con un vocabolario dei peggiori, con quell’enfasi fastidiosa e sudamericana, ci risiamo con l’uso di sostantivi e aggettivi da italiano imbruttito.

Da Sky a Dazn, da Rai a Mediaset, cambiando l’ordine delle emittenti il prodotto non cambia, l’audio “muto” agevola la visione dell’evento perché l’ascolto disturba, da Trevisani a Pardo, da Roggero a Compagnoni a Piccinini che prosegue con i suoi “mucchio selvaggio” e “cezzionale”, mai un’idea, un cambio di passo, ci si butta sul cazzeggio infischiandosene degli spettatori, si usa il tu per palesare amicizie e connivenze, si va di riverenze anche nel caso di sconfitte clamorose, la critica ha limiti definiti, direi condominiali, sempre più rarefatta la presenza di giornalisti accreditati e non narratori narcisi, manca lo spunto, la polemica viene tenuta sotto vuoto spento, nonostante le emittenti tengano in vita, con i loro denari, i bilanci dei club e, va da sé, i salari dei dipendenti tutti, calciatori, allenatori e dirigenti vari. Addirittura si manifestano silenzi stampa proprio da chi percepisce milioni, debbo dire che, tuttavia, in alcuni casi meglio le bocche chiuse di quelle spalancate in una spaventosa grammatica italiana, con una sintassi da Var. E siamo soltanto all’inizio.

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