LA SCUOLA DI NON FAR RIPARTIRE LA SCUOLA

di MARCO CIMMINO – Fra un mese ricomincia la scuola. So che non è ciò che si dice uno scoop: con qualche aggiustamento di calendario, tra San Remigio e Sant’Alessandro, si tratta di uno di quegli eventi che si susseguono senza soluzione di continuità dalla notte dei tempi. Tuttavia, ci sarebbe una cosetta di cui discutere, circa questo prevedibilissimo evento: come ricomincerà, quest’anno? Partiremo a vele spiegate, per poi ridurci, dopo un mese, a singhiozzare in aule deserte, maledicendo il covid e il destino avverso? Riprenderemo il costume di far venire a scuola il cinquanta o il settantacinque per cento degli studenti, facendo dei turni (i dirigenti li chiamano “turnazioni”, in virtù di non si sa bene quali svantaggi psicolessicali) stabiliti del tutto a pera? Apriremo tutto, chiuderemo tutto: faremo un po’ e un po’? Perché la verità è che governanti e governati, giornalisti e giornalai, giocano alla morra su vaccini e lockdown, ma non ce n’è uno che abbia voluto affrontare il tema dei temi: i mezzi di trasporto.

Giacchè, casomai a qualcuno sfuggisse, la questione scolastica si gioca lì: sui banchi a rotelle, le chiavi per andare al cesso, la DDI, abbiamo scherzato. Ci ballavano in tasca un po’ di milioni e abbiamo deciso di assecondare i deliri di una ministra incapace e di rimpinguare le casse di qualche banchificio o rotellificio. Ma, adesso la cosa si fa pesa: i trasporti sono esattamente allo stesso punto in cui si trovavano un anno fa e questo significa che la scuola è allo stesso punto di un anno fa e che anche i potenziali contagi lo sono. Vivere in un Paese governato da idioti, sapete, non è mica tanto divertente: ripetere sempre le stesse ovvietà, sapendo che nessuno muoverà un dito è un esercizio che, alla lunga, snerva un pochino. Per cui, lo scrivo qui, a futura memoria, per l’ultima volta: se la scuola dovrà chiudere e ricorrere di nuovo alla tanto vituperata didattica a distanza, questo avverrà perché nessuno ha voluto mettere mano all’unica vera soluzione, che è quella di incrementare enormemente il trasporto urbano ed extraurbano.

Non sarà questione di sanificare, di vietare, di irreggimentare: sarà questione di inerzia, d’incapacità, di colpevole inadempienza del governo e delle amministrazioni locali. E tutte le chiacchiere, i webinar, i dibattiti e le interrogazioni, che sono l’inevitabile corollario di qualsivoglia italica operina, saranno perfettamente fuori luogo, oltre che detestabilmente inutili. Bisognava mettere mano al problema e non lo si è fatto: punto. Sono trascorsi mesi decisivi per mettere in piedi una strategia e li hanno passati a discutere di parità di genere e di scelte vaccinali: tra un battito di ciglia la scuola riapre e questo sembra non importare a nessuno. O, meglio, nessuno vuole assumersi la bega di affrontare il problema: si fischietta con indifferenza, all’italiana. Salvo alzare lamenti al cielo, quando il guaio verrà a galla. Vedrete, andrà così. Perché l’inizio della scuola è un evento che si ripete da un paio di secoli, mentre l’inconsistenza della politica nazionale è un fatto antropologico, che risale al Neanderthal. Affilate le falci, sanculotti!

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