LA POLITICA A TUTTA GAFFE

di MARIO SCHIANI – La Treccani, alla voce “gaffe”, propone questa definizione: “Atto, comportamento, espressione e simili, commessi o detti per goffaggine, inesperienza o anche semplice distrazione, che creano comunque imbarazzo negli altri”. Suggerisce poi un termine tutto italiano – “topica” – ma si affretta a puntualizzare che “ormai è raro”.

Raro sarà il termine, va detto, non la topica in sé. Il mondo, anzi, è pieno di topiche, che rimbalzano da un capo all’altro della Rete. A produrle, personaggi che godono di una qualche visibilità pubblica (le gaffe, o topiche, dei privati cittadini rimangono circoscritte in un personale imbarazzo a corto raggio), nella gran parte uomini politici. Le topiche di questi ultimi sono infatti quelle che fanno più notizia.

Si ride dell’uscita di Al Bano, che vorrebbe i dinosauri estinti per mano dell’uomo, ma si rabbrividisce, giustamente, davanti a quella di un ministro: costui, o costei, dovrebbe avere in pugno un intero settore pubblico e invece capita che incespichi sulle sue stesse parole, come Ciccio De Rege al richiamo “vieni avanti, cretino”.

Non sappiamo come si dice “vieni avanti, cretino” in cinese, ma al richiamo ha brillantemente risposto, di recente, il ministro per il Commercio e l’Industria di Singapore, Mr. Chan Chun Sing, quando, nel rispondere a una domanda sulla forte dipendenza della città-stato dalle importazioni di materia prima, ha benevolmente argomentato: “D’altra parte, qui, non abbiamo abbastanza pecore per produrre tutto il cotone che ci serve”. Lo scivolone ha ovviamente provocato la reazione divertita dei social e dei media di mezzo mondo (quelli locali, sempre indulgenti nei confronti del governo, hanno mantenuto un profilo basso), destando invece un certo allarme nella pur scarsa comunità ovina di Singapore.

L’idea che dalle pecore si produca il cotone fa ridere, ma il fatto che a sostenere tale bizzarria sia, dall’altra parte del mondo, un ministro, induce anche una riflessione: che cosa sta succedendo alla classe dirigente mondiale? La politica, dal consiglio comunale del paesino più remoto alle conferenze del G8, emette gaffe a getto continuo. Come mai?

In Italia, non per vantarci, ne produciamo ben più del fabbisogno nazionale. Qualche esempio svelto svelto? Luigi Di Maio, in veste di ministro degli Esteri, tentò di ricucire uno strappo diplomatico con la Francia elogiandola per la sua “millenaria” democrazia, mentre tempo prima, polemizzando con Matteo Renzi, riuscì a piazzare il golpe di Pinochet “in Venezuela”. I suoi sentimenti filo-cinesi, peraltro, lo spinsero ad accogliere il presidente Xi Jinping chiamandolo “Mr. Ping” (e meno male che non gli sovvenne di citare il gemello segreto del leader, “Mr. Pong”). Gaffe sgradevolissime, tali da mettere in discussione la sua capacità di sostenere il ruolo di ministro, senonché non emergono alternative pronte all’uso, se si pensa che il leader dell’opposizione, Matteo Salvini, ha pensato bene di far confinare la Cina con il Giappone. Un azzardo che avrebbe potuto creare una crisi internazionale grave al punto da richiedere un intervento immediato, magari “sotto l’egidia” dell’Onu, come ebbe ad auspicare il presidente della Camera Roberto Fico.

L’analisi completa delle gaffe dei politici italiani potrebbe essere oggetto di una delle “traccie” (cit. sito del Ministero dell’Istruzione, 2017) della maturità: a noi preme invece rilevare come gli strafalcioni abbiano carattere internazionale. Nel Regno Unito, per esempio, la campagna elettorale, decisiva per l’esito finale della Brexit, tra il conservatore Boris Johnson e il laburista Jeremy Corbyn si è svolta davanti a un pirotecnico fondale di gaffe.

Johnson, da parte sua, ha esibito un inesauribile repertorio di gusto quantomeno dubbio: ha paragonato gli sforzi di coesione tra i Paesi europei alle campagne militari di Hitler e Napoleone, ha pubblicato un poemetto in cui allude alla presunta inclinazione di Erdogan alla masturbazione e al sesso con le capre e, last but not least, ha paragonato le lotte intestine del suo stesso partito, i Tory, a “orge di cannibalismo in stile Papua Nuova Guinea”. Uscite che gli hanno guadagnato la fama, da una parte, di incoercibile avversario del politicamente corretto e, dall’altra, di insensibile gaffeur, vagamente, ma non troppo, razzista.

Non molto meglio ha fatto il suo avversario Corbyn, il cui fiero sostegno alla causa palestinese gli ha attirato non poche accuse di antisemitismo. Solo di sbadataggine, ma molto grave, si può invece parlare ricordando l’episodio in cui, davanti alla Camera dei Comuni, Corbyn pianse la morte di un poliziotto quando costui, attaccato dalla “New Ira” a Belfast, era rimasto soltanto ferito e per fortuna era già in via di guarigione .

C’è poi tutto il capitolo Donald Trump, il cui stile di comunicazione va in effetti oltre il concetto di gaffe e suscita interrogativi diversi e più profondi. Di recente il presidente degli Stati Uniti ha lanciato un tweet composto di una sola parola, “CHINA!”, scritta proprio così, in maiuscolo e con tanto di punto esclamativo, scatenando ogni sorta di illazioni a livello internazionale.

Non resta che tornare all’interrogativo iniziale: perché tante gaffe? Viviamo in un’epoca in cui il tessuto della classe politica è degradato al punto che qualunque cafone, purché dotato di faccia tosta, può arrivare ai più alti uffici pubblici o è forse l’aumentato scrutinio, il costante monitoraggio, spesso tendenzioso, della Rete e dei media a far risaltare questi incidenti al di là del dovuto? Ai posteri l’ardua sentenza, sempre che costoro sapranno mettere in fila due parole senza infilarvi uno strafalcione.

Val la pena ricordare che anche in passato i politici incappavano di tanto in tanto in qualche topica. Nel 1984 il presidente Usa Ronald Reagan, spesso ricordato per i suoi brillanti motti di spirito, bisbigliò in un un microfono, che credeva spento, la frase: “Stiamo per bombardare l’Urss. L’attacco partirà tra cinque minuti”. Una gaffe, sicuro, ma anche un vero proprio incidente. La differenza con i gaffeur di oggi è che questi, la cazzata, l’avrebbero sparata a tutto volume e rilanciata immediatamente sui social.

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